AGI.it 16:38 12 DIC 2012
(AGI) - Roma, 12 dic. - Affermare che gli zingari sono "delinquenti",
"assassini" e "canaglie" e' espressione di discriminazione razziale. Lo
sottolinea la Cassazione, annullando con rinvio la sentenza con cui la Corte
d'appello di Trento aveva assolto un imputato, all'epoca dei fatti consigliere
comunale del capoluogo trentino, finito sotto processo per un intervento, tenuto
durante una seduta consiliare, con cui, secondo l'accusa, aveva diffuso "idee
fondate sull'odio e sulla discriminazione razziale nei confronti delle comunita'
Rom e Sinti". I giudici del merito avevano assolto l'imputato ritenendo che, nel
caso in esame, non si potesse parlare di propaganda di idee fondate sulla
superiorita' o sull'odio razziale ed etnico, ma piuttosto di diffamazione. Del
tutto diversa la tesi della Cassazione, secondo la quale, nell'intervento del
consigliere comunale, vanno evidenziate note razziste, come sollecitato dal pg
di Trento il cui ricorso e' stato accolto dalla Suprema Corte. Il discorso
tenuto in Consiglio comunale dall'imputato riguardava, in particolare, la
mancata frequenza della scuola da parte dei bambini nomadi: in un punto del suo
intervento, il consigliere aveva parlato di "sedicente cultura" e "discutibili
tradizioni", manifestando l'idea di fondo secondo cui "l'unica possibilita' di
salvezza per i bambini di detta etnia era quella di sottrarli alle famiglie
d'origine", si legge nella sentenza n.47894, della prima sezione penale,
operando un vero e proprio "sequestro di Stato". Per la Suprema Corte,
"l'elemento che caratterizza la fattispecie e' la propaganda discriminatoria,
intesa come diffusione di una idea di avversione tutt'altro che superficiale,
non gia' indirizzata verso un gruppo di zingari (magari quelli dediti ai furti),
ma verso tutti gli zingari indicati come assassini, ladri, pigri, canaglie,
aguzzini e via dicendo, quindi verso il loro modo di essere, verso la loro etnia
evocata espressamente, avversione apertamente argomentata sulla ritenuta
diversita' e inferiorita'". La Cassazione, nelle sue motivazioni, ricorda anche
la sentenza con cui la stessa Corte, nel 2009, confermo' la condanna, tra gli
alti, del sindaco di Verona, Flavio Tosi, per i manifesti diffusi nella citta'
scaligera, con scritto 'via gli zingari da casa nostra'. Inoltre, gli
'ermellini' ribadiscono che "la funzione di consigliere comunale non legittima
sicuramente, in esplicazione del mandato elettorale, di esprimersi con frasi di
generalizzazione" espressive di "inferiorita' legate alla cultura e tradizioni
di un popolo". L'assembla del Consiglio comunale, infine, e' "di norma
pubblica", ed i suoi lavori "sono per lo piu' oggetto di diffusione ad opera dei
mezzi informativi", rileva la Corte, "ma anche in caso contrario nulla verrebbe
meno per l'integrazione dell'ipotesi delittuosa attesa l'apertura al pubblico
dei lavori del Consiglio comunale". Sulla base dei principi fissati dalla
Cassazione, sara' la Corte d'appello di Brescia a riesaminare la vicenda. (AGI)
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