Salia (a sinistra) e Vesna, due generazioni, entrambe madri di bambini che
frequentano la scuola a Mirafiori -
LA STAMPA di
MARIA TERESA MARTINENGO
Un pezzo di quartiere si mobilita per aiutarli
TORINO:
Alla domanda «Cosa vorresti fare da grande?» una bimba risponde «la poliziotta»,
un bambino «l'avvocato». In condizioni di normalità, i sogni sono uguali. I
bambini della «comunità» rom di Mirafiori Sud, una cinquantina di persone in
tutto, di cui 30 minori, una metà dei quali - i più piccoli - da settembre
frequentano la scuola. La normalità che li fa sognare.
Intorno a loro e alle loro famiglie, «parcheggiate» nei dintorni del Parco
Colonnetti, si è mobilitato un bel pezzo di quartiere. Ai figli dei rom bosniaci
più poveri della città, «invisibili» per i censimenti - due generazioni nate qui
ma prive di documenti -, Pia, alla Locanda nel Parco, offre colazione e merenda.
Beppe Melchionna, del vicino Circolo Arci, ospita il camper di una famiglia in
cortile; la Casa del Parco - che lavora per la coesione nel quartiere - fornisce
quaderni, acqua calda e ascolto; le suore di Madre Teresa e i volontari di San
Remigio offrono docce e aiuto nei compiti.
«Qui c'è il più alto tasso di frequenza scolastica della città e forse
d'Italia», spiega Vesna Vuletic, presidente di Idea Rom, associazione impegnata
per favorire l'inserimento sociale e l'autonomia dei rom. «I dati della
Prefettura parlano di meno del 50% di frequenza scolastica negli insediamenti
torinesi. A Mirafiori si sfiora il 100%, nei momenti più difficili si è arrivati
all'85%». Aggiunge Giulio Taurisano, volontario ed esperto: «È successo quando
le famiglie, nel gelo di questo inverno, sono state allontanate e si sono
stabilite vicino al Cimitero Parco. Per accompagnare i bambini a scuola,
dovevano prendere due pullman. La maggioranza lo ha fatto».
Per capire, occorre fare un passo indietro. «Due anni fa, quando abbiamo aperto
la “Casa nel Parco” - ricorda Isabella De Vecchi della Fondazione della Comunità
di Mirafiori -, alcuni bambini di queste famiglie, che da vent'anni girano qui,
sono venuti e ci hanno chiesto di imparare a scrivere. A partire da quella
esigenza, con Idea Rom è nato un progetto».
Il progetto «Aerodrom» (aeroporto in bosniaco) vuole far «prendere il volo» alle
famiglie che vivono stipate in vecchi camper. «L'obiettivo è supportare
l'inserimento scolastico - dice Vesna Vuletic -, favorire l'emancipazione,
facendo comprendere ai genitori l'importanza dell'istruzione perché i figli
possano sperare in una vita migliore». Giulio Taurisano: «Sono state le madri ad
andare a iscrivere i bambini, sono state le madri a portarli a vaccinare,
nessuno si è sostituito a loro».
Idea Rom ha coinvolto i servizi sociali, la prefettura. «Queste famiglie sono
cittadine di Mirafiori - dice il presidente della Circoscrizione 10, Marco
Novelli -, presenti da anni sul territorio. Come amministrazione dobbiamo
prendere atto della loro presenza e aiutarle. Però chiediamo collaborazione
reciproca, chiediamo che si vada verso un'evoluzione. Ci sono nuclei che
rispondono bene, altri meno. Sull'istruzione le cose procedono, su altri fronti
si può fare meglio. La componente femminile è quella su cui puntare di più». Con
i documenti, sarebbe possibile assegnare borse lavoro e iniziare a pensare alla
casa. All'incontro con l'assessore Elide Tisi, Idea Rom ha chiesto che le
famiglie possano collocarsi in postazioni singole (non in un campo) per non
essere più oggetto di sgomberi.
Il preside della Cairoli, Ugo Mander, conferma il successo di quanto fatto fin
qui: «Avremo un passaggio dalla quinta alla prima media, ci sono bambini
iscritti alla materna per l'anno prossimo. Le mamme, nonostante la povertà
estrema in cui vivono, si comportano come tutte le mamme». Enrico Perotti,
presidente del consiglio d'istituto: «Dare normalità ai bambini serve anche ai
genitori, lo vediamo alle feste della scuola». La maestra Domitilla: «Questi
bambini ci ricordano che la scuola è un diritto di tutti e prima si comincia ad
andarci, meglio è: la stabilità abitativa è un requisito per renderlo
possibile».
La realtà dei rom di Mirafiori e le loro esigenze sono state riassunte, a
partire da «Aerodrom», in una lettera destinata al prefetto Di Pace, al sindaco
Fassino e all'arcivescovo, monsignor Nosiglia. «Nel 2001 - hanno scritto
operatori e residenti - la nonna di una decina di bambini rom, gravemente
malata, ha trascorso gli ultimi due mesi della sua vita ospite di un ortolano
nella baracca di un orto abusivo sulle sponde del Sangone. Dieci anni dopo i
suoi figli vivono in una condizione non dissimile». Poi le richieste:
collocazione provvisoria delle famiglie distribuita in postazioni singole,
perché non siano oggetto di continui sgomberi, sostenere l'ottenimento di
documenti; concedere spazi per l'accoglienza abitativa in attesa dei requisiti
per il successivo ingresso in casa. «Non crediamo - hanno spiegato - che la
realizzazione di un nuovo campo possa sostenere l'integrazione di queste
famiglie».