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Pubblicato il 17 febbraio 2012 da
Giovanella
Rendi
Tra il 2008 e il 2009 in Ungheria sono stati commessi numerosi atti di violenza
nei confronti della comunità rom. Delle 55 persone coinvolte, 6 sono rimaste
gravemente ferite e 5 sono morte e i sospetti sono attualmente sotto processo.
La stranezza di questi eventi (oltre ovviamente all'assurdità della violenza e
della morte) ha consistito nel fatto che tutte le vittime, sopravvissute o meno,
conducevano una vita normale, lavorando, studiando, abitando in condizioni
modeste e sotto il livello di povertà ma non in campi nomadi bensì in case. Lo
scopo, secondo il regista Bence Fliegauf che ha dedicato molto tempo a studiare
la tragica vicenda, non avrebbe dunque motivazioni razziste "classiche" e
immediate, ovvero il pericolo sociale e la delinquenza, ma un piano a lunga
durata per scatenare una vera e propria guerra civile con i gruppi nomadi per
eliminarli definitivamente.
Poco interessato agli autori dei crimini, che pure ha incontrato e
intervistato, (per la banalità del male), Fliegauf sceglie invece di avvicinarsi
in punta di piedi alle vittime e seguirle per un solo giorno, quello che per
loro sarà l'ultimo, dall'alba al tramonto. E per far questo mette al bando
qualsiasi stereotipo sui rom che cantano, ballano e suonano la fisarmonica e
soprattutto sono sempre in gruppo, per seguire i loro passi nella solitudine di
un bosco ai confini di un centro abitato, uno spazio « altro » custodito dai
vigilantes della comunità che passa repentinamente da idilliaco a tenebroso.
I quattro personaggi principali (madre, figlia adolescente, figlio ragazzino
e un anziano nonno arteriosclerotico) seguono i loro ritmi quotidiani, che sono
quelli «normali» : la madre lavora come donna delle pulizie, la figlia va a
scuola e fa i compiti, il figlio bigia e va in giro per i campi e al fiume con
gli amichetti. Tutto nella norma, se non fosse che la famiglia dei vicini è
stata sterminata mentre dormiva, la comunità vigila e su tutto aleggia
un'atmosfera di tensione tanto più insopportabile quanto i protagonisti sembrano
non percepirla. Eppure non è così perché ognuno di loro non fa altro che pensare
a quando si trasferiranno tutti in Canada per raggiungere il padre. Nel
frattempo mille piccoli episodi inquietanti si vanno a sommare, come subliminali
atti di razzismo a scuola e al lavoro, momenti di gentilezza invece da parte di
colleghi o compagni di liceo, esplosioni di rabbia subito sedate e la
raccomandazione continua di «fare attenzione».
Divenuto famoso nel 2010 con il discusso Womb (storia di una donna che clona
nel figlio l'amante defunto, interpretata da Eva Green), Bence Fliegauf è
probabilmente l'unico esponente della cinematografia ungherese contemporanea a
riuscire ad essere da anni ospite di vari festival internazionali. Utilizzando
spesso la macchina da presa a spalla, che soffia letteralmente sul collo dei
personaggi come se li inseguisse invece che pedinarli, costringe lo spettatore,
che già sa come andranno a finire le cose, a partecipare alla sorte dei
protagonisti aumentando il climax fino all'ultimo, quando invece lo congela con
un pudore che però non gli impedisce di mettere chi guarda davanti alle
responsabilità di tutta una società.
CAST & CREDITS
(CSAK A SZÉL) Regia e sceneggiatura: Bence Fliegauf;
fotografia: Zoltán Lovasi;
montaggio: Xavier Box; musica: Bence Fliegauf, Tamás Beke;
interpreti: Katalin
Toldi, Gyöngyi Lendvai, Lajos Sárkány, György Toldi; produzione: Inforg M&M
Film; origine: Ungheria/Germania/Francia; durata: 91'.