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Le associazioni e le cooperative non ci stanno e declinano l'offerta
della Belviso, ma si chiedono: "Perché non risparmiare su altri servizi che si
sono rivelati inefficaci come quello di vigilanza armata o sull'affitto delle
strutture che ospitano i campi?". E propongono per le famiglie rom
percorsi di inserimento abitativo DI L. FACONDI
Un taglio netto di più del 50% delle risorse economiche. E' quanto proposto
dal vice sindaco Sveva Belviso ad associazioni e cooperative che da anni si
occupano dell'intervento sociale all'interno dei campi rom della Capitale. Una
proposta che gli enti hanno deciso di rifiutare, perché la ritengono
"assolutamente inadeguata". "Tecnicamente l'offerta - spiegano le realtà del
privato sociale in una lettera congiunta recapitata al Dipartimento per i
servizi sociali - non corrisponde alle necessità e non è in grado di garantire
qualità e quantità dei servizi". Tra cui il rispetto delle condizioni di lavoro
degli operatori tanto che, stando alle condizioni prospettate dal dipartimento e
dal vice sindaco, "appare inverosimile il rispetto dei livelli contrattuali dei
lavoratori coinvolti".
IL LAVORO SOCIALE - Ma non solo. Con il dimezzamento del finanziamento almeno 50
persone perderebbero l'impiego, compresi diversi rom. Secondo associazioni e
cooperative si tratta dell'"ennesimo attacco al lavoro sociale e alla dignità
dei lavoratori impegnati quotidianamente in situazioni sociali estreme". Un
attacco in parte inaspettato, visto che il sindaco Gianni Alemanno aveva firmato
il primo aprile dello scorso anno un protocollo in cui si impegnava a emanare a
luglio un nuovo bando a condizioni ben diverse. Anche in virtù del fatto che con
l'ingresso della Croce Rossa nei campi a dicembre del 2010 gli enti gestori si
erano visti decurtare del 20% il finanziamento. "Per fare cosa poi? - si
chiedono - Ad oggi non ci sono stati risultati tangibili".
L'EMERGENZA - Non è una novità che si taglino risorse ai servizi, ma sui rom il
discorso cambia visto che, nelle casse della Capitale, dopo il decreto per
l'emergenza nomadi del 2008, di soldi ne sono entrati parecchi. Trenta milioni e
ottocentomila euro, per l'esattezza, che, ora, dovranno essere giustificati come
spesa ordinaria, visto che, secondo la sentenza del Consiglio di Stato 6050 del
16 novembre 2011, l'emergenza non c'è mai stata. "Era solo il paravento dietro
al quale si sono gestiti in maniera disinvolta e totalmente inefficace 30,8
milioni di euro", commentano il consigliere del Partito democratico Daniele Ozzimo e la responsabile politiche sociali del Pd Emanuela Droghei.
LA VIGILANZA ARMATA - "Che fine hanno fatto questi soldi?", si chiedono gli
enti. "Si spendono risorse per la vigilanza armata inutilmente, - spiegano
ancora associazioni e cooperative - perché di fatto è un servizio che non ha
garantito il controllo e la prevenzione nei confronti di atti criminali e
illegali". Né ha impedito ai rom sgomberati dagli insediamenti abusivi di
sovraffollare i campi regolari, come è accaduto a Candoni, dove i residenti sono
passati in poco tempo da 915 a circa 1300. "Perché quindi tagliare sul sociale,
quando si potrebbe eliminare questo servizio rivelatosi inefficace?", si
chiedono le associazioni e le cooperative. Che di alternative ne prospettano più
di una. Ad esempio risparmiare sull'affitto che il Comune paga per alcuni
"Villaggi della solidarietà" come il Roman River a Prima Porta. Un milione e
duecentomila euro l'anno per 400 persone (la cifra riguarda intervento sociale,
guardiania, manutenzione e affitto, ndr), che diventano 2.690.780 nel caso
dell'ex cartiera sulla via Salaria (la quota è comprensiva anche di vitto, ndr).
"Con questi soldi - riflettono ancora dal privato sociale - si sarebbero potuti
avviare seri progetti di inserimento abitativo e lavorativo per molte famiglie".
AFFIDARE I SERVIZI AI ROM - Un'altra ipotesi suggerita dagli enti che
avvantaggerebbe le casse comunali è di ridurre i costi di manutenzione dei campi
e delle bonifiche dell'Ama, affidando il portierato, la pulizia e altre attività
inerenti la buona gestione del campo a cooperative di tipo B, in cui impiegare
gli stessi rom. "Il vantaggio sarebbe sia dal punto di vista dell'integrazione -
spiegano ancora le realtà del privato sociale - sia economico, perché lavorando
sulla quotidianità e sulla programmazione si evita il ricorso ad azioni di
emergenza più costose".
Di proposte in campo ce ne sono diverse, ma alle nuove condizioni prospettate
dal vice sindaco le associazioni e le cooperative, che finora hanno svolto gli
interventi, non se la sentono di continuare. "Rimaniamo sconcertati dalla nuova
proposta che contraddice e non tiene conto dell'ipotesi di mediazione
precedentemente trovata", si legge a conclusione della risposta inviata al
Dipartimento. Per questo chiedono una proroga tecnica dal primo febbraio 2012 e
al tempo stesso ricordano ad Alemanno l'impegno preso ad aprile, per potere
continuare a svolgere gli interventi sociali ed evitare che i campi diventino
ancor di più "ghetti, luoghi di controllo e contenimento dei rom".
di Lara Facondi - Venerdì, 03 Febbraio 2012