Pubblicato il 05-12-2011 - San Rocco desolatamente semi-deserto per "Un Popolo di bambini", l'incontro
del PD contro i pregiudizi
Del resto, come ha poi avuto modo di rimarcare la Sen. Silvana Amati, era da
immaginarselo che gli spettatori non sarebbero stati numerosi, perché un
argomento come quello toccato, già ispiratore di innumerevoli pregiudizi, non
poteva di certo essere di gran richiamo. Devo dire, invece, che gli assenti,
come sempre, hanno avuto ancora una volta torto e si sono perduti degli interventi utili, se non altro, atti
a far riflettere, documentarsi e non cadere
domani negli stessi sciocchi pregiudizi.
All'incontro doveva partecipare anche il Sen.
Pietro Marcenaro, Presidente
Commissione Diritti Umani del Senato ed un po' padre di
questo rapporto, invece
assente, purtroppo, per motivi di salute e sostituito all'ultimo momento dalla
Sen. Silvana Amati.
Altri partecipanti all'incontro: Francesco Mele del PD di Torino, che ha
contribuito alla realizzazione di questo documentario qui visionabile con un
semplice click "Mandiamoli a casa#2.
I luoghi comuni: i Rom"; Elisabetta
Allegrezza, Segretaria PD Senigallia; Stefania Pagani, Responsabile Forum Sanità
e Sociale PD Senigallia.
Partendo dalla fine dell'incontro, la cosa più incoraggiante che a mio dire ne è
uscita fuori, è stato l'interesse mostrato negli interventi del "pubblico".
Virgoletto perché le venti presenze che lo formavano erano costituite da "addetti ai lavori" o personaggi politici locali. Però coloro che hanno preso la
parola, alla fine dell'incontro, e qui sta la positività, sono state delle
insegnanti, che hanno portato le loro esperienze di lavoro maturate, nelle
proprie classi, con questi bambini. Anche perché ritengo che è proprio dalla
scuola, dalla ingenuità dei bambini, che si possa partire con una vera campagna
di integrazione, in maniera involontaria, "indolore", sotto il coordinamento di
insegnanti sensibili verso questi problemi.
Questi telegraficamente gli interventi prima della proiezione del Documentario.
Ad assumersi il compito di presentare i partecipanti e di fare gli onori di
casa, la Dott.ssa Elisabetta Allegrezza.
Per Stefania Pagani, il pregiudizio è solo frutto dell'ignoranza. Per molti di
noi, Rom è sinonimo di zingaro, di nomade, di sporco, di reati. Non di rado si
sente dire, per intimorire i nostri bambini, la frase: "Ti portano via i
zingari". Ma pochi coloro, invece, che sono informati che la maggior parte dei
Rom, di questa etnia, sono italiani in quanto migrati in Italia fin dal 1400.
Sono erroneamente definiti genericamente nomadi anche se la maggior parte di
loro, oggi, non lo è più. Sono chiamati genericamente Rom (ma non tutti lo
sono), Sinti( ed è il nome di una delle etnie), oppure in modo totalmente
erroneo anche Rumeni o Slavi a causa della cittadinanza di molti di loro.
In realtà non c'è alcuna connessione - neppure etimologica - tra il nome "rom" e
il nome dello stato di Romania, il popolo di lingua neolatina dei rumeni o la
lingua rumena, né teoricamente con le popolazioni slave, in quanto i rom e i
sinti sarebbero etnicamente di origine indiana.
La Sen. Silvana Amati, ci ricorda invece come i Rom siano in Italia, solo uno
sparuto numero di 140/170 mila unità e come essi siano definiti "Un Popolo di
Bambini". Non certo per via del numero dei figli che hanno, ma perché la loro
speranza di vita è molto bassa. E ci fornisce dei freddi, ma illuminanti dati:
il 60% di essi hanno meno di 18 anni, il 30% sono quelli che vanno dai 0 ai 5,
il 6% raggiungono i 50/60 e solo il 3% riescono a superare i 60 anni. La vita
media è sui 45 anni. Frutto, logicamente delle loro condizioni di vita. Un'etnia
che si tira un po' da una parte, cercando di "nascondersi" sapendosi visti con
un occhio diffidente da noi "civili" come essi ci chiamano, facendo risultare
difficile la raccolta di dati statistici. Nell'Olocausto i Rom hanno subito uno
sterminio ed è anche per questo, che un partito come il PD che si occupa di
Diritti Umani non poteva dimenticarsi di questa etnia. Le Emergenze legate ad
essi sono tante, come quella abitativa, quella legata alla sicurezza, al lavoro
ed alla scuola e proprio per questo bisogna cercare di ridurle.
Per Francesco Mele, uno dei realizzatori anche del documentario "Mandiamoli a
casa #1", (entrambi con il n°2, girati nel quartiere di San Salvario di Torino)
da questi documentari emergono tanti luoghi comuni: i Rom, popolo delle
discariche, ruba i bambini, il popolo dei "campi" (autorizzati e non che essi
siano), vivono di furti e così dicendo!
I Rom invece non sono nomadi (di loro solo il 3% lo sono) e se si spostano lo
fanno per i nostri stessi motivi: per affetti, per lavoro (giostrai). Oltre
tutto è un popolo con la cittadinanza italiana. Nessuno nega l'esistenza poi che
esistano dei problemi come quello dei piccoli furti, ma non dobbiamo farne di
un'erba un fascio. La maggior parte di loro lavorano come giostrai, raccolgono
il ferro, si adattano a lavori occasionali. Del resto poi le interviste nel
documentario sono abbastanza esplicative.
La Sig.ra Elisabetta, di cui mi spiace, ma mi è sfuggito il cognome, ci ha
relazionato, da persona che si occupa direttamente in prima persona di queste
problematiche, delle difficoltà che ha incontrato nell'ambito territoriale di
Falconara. Le sue esperienze sui Rom le fanno dire che hanno terrore del
"Condominio" per la loro necessità di vivere la vita di "Famiglia", intesa nel
senso più ampio di più famiglie. Infatti sono soliti posizionare le loro
Roulotte (intese come abitazione fissa e non per girare) con un determinato modo
(una adibita a cucina, una a camera da letto... una vicina all'altra, tutte ben
tenute e precise come del resto ha potuto constatare di persona avendoci vissuto
direttamente appunto per poterli conoscere da vicino). Non sono sporchi, perché
l'interno delle loro roulotte o delle loro baracche, sono precise e ben tenute.
Si deve tener conto che sono sempre baracche, che non hanno acqua corrente.
Ma hanno un senso dell'accoglienza molto sviluppato.
E ricorda così dicendo, quando ha abitato per un periodo con loro ed al mattino
gli portavano il cornetto con il caffè. Però sottolinea anche come quando un
loro ragazzo che voleva fare il meccanico, malgrado l'intervento economico della
Regione che supportava il suo inserimento in un'attività lavorativa, veniva
rifiutato dal datore di lavoro non appena veniva a sapere che era di etnia Rom.
Ecco che allora questo li induce a nascondere la loro etnia, ad isolarsi. Anche
se è vero però che alcuni di loro si stanno invece adeguando al nostro modo di
vita. Alcuni sono andati ad abitare in case di muratura, le donne hanno smesso
le lunghe gonne ed ora indossano i pantaloni, i figli vanno a scuola, li seguono
da vicino ritenendo che sia il modo giusto per integrarsi.
Anche la Sig.ra Simonetta Bucari, qui semplicemente in veste di insegnante e non
di Consigliere, porta una sua significante esperienza maturata in una ventennale
esperienza di insegnamento. Aveva da prima avuto contatti con bambini Rom figli
di giostrai, che per l'attività lavorativa dei genitori, rimanevano nelle classi
per brevi periodi di due o tre mesi e poi se ne andavano. Difficili quindi da
poter analizzare e instaurare con loro, un rapporto educativo di lungo periodo.
Fino al giorno in cui un ragazzino Rom, non nomade, è entrato a far parte della
sua classe e con il quale è riuscita nel tempo, a stabilire un rapporto molto
bello, di grande empatia, successivamente allargato anche alla famiglia del
ragazzino a cui ha fornito anche una abitazione in una sua casa di campagna.
Successivamente poi, con l'aiuto della Caritas, si è riusciti ad inserire in un
condominio, altri due nuclei familiari con 3 bambini al seguito. Ritenendo
infatti, che è forse questo il modo giusto per creare integrazione, senza far
perdere loro la propria identità. Il lasciarli nei loro campi è un po' come
limitarli.
Per un'altra insegnante, il fatto che si dica che i genitori snobbano la scuola,
dipende dal fatto che molti di questi, come le hanno riferito, non vanno, ad
esempio, ai colloqui, perché la maggior parte di loro sono analfabeti. Le
ragazze a 12 o 13 anni vengono tenute in casa perché sono ritenute adulte e
quindi da adibire ai lavori di casa.
Io non sono razzista, né pensavo di avere pregiudizi a prescindere: l'occasione
dell'incontro ha portato a ricredermi o quantomeno a sapere di non esserne
completamente indenne. Non posso certo dire che nei confronti dei "nomadi" fossi
molto "aperto" e ben "disposto". Certa era una cosa, non conoscevo l'etnia Rom e
come tanti ero ignorante in materia e quindi con almeno una punta di
pregiudizio.
Se dicessi che dopo essere uscito dal San Rocco, oggi vedo tutto rosa, direi
solo una falsità. Sicuramente posso però affermare che d'ora in avanti sarò in
grado di analizzare con una critica più obiettiva e forse con un pelo di
"pregiudizio" in meno, certi loro atteggiamenti, raffrontandoli con i miei.
Anche perché mi si è acceso l'interesse per la storia di questa etnia che mi
spingerà a saperne di più. Cosa del resto facile oggi con Internet!
di Franco Giannini