Vol spécial: un documentario contro le politiche di Blocher
Segnalazione di Silvana Calvo
Ticino
Libero
Una triste realtà che suscita seri dubbi sulla purezza svizzera in materia di
diritti umani, un documentario che denuncia le politiche gli effetti delle
politiche restrittive in materia di rifugiati
Vol spécial è un documentario di denuncia girato in Svizzera da Fernand Melgar,
regista approdato al festival già diversi anni fa con La vallée de la jeunesse
(2005), dimostratosi anche in passato attento alle problematiche concernenti gli
individui extracomunitari: alle tematiche di quest'opera possiamo accostare
Classe d'Acqueil (1998), Remue-ménage (2002) e Exit,le droit de morir (2005),
anch'essi documentari a sfondo sociale.
Il connubio con la Climage, associazione a favore di un cinema impegnato di cui
lo stesso regista è membro, si dimostrò vincente proprio a Locarno con La
fortesse (2008), indagine sulle difficoltà dei profughi in Svizzera, che vinse
il Pardo d'oro Cineasti e rappresentò per il regista l'incipit di una
riflessione sociale che continua in Vol spécial.
La produzione ha proposto la proiezione come anteprima mondiale a Locarno,
associandosi alla speranza del regista di toccare con maggior forza il pubblico:
Fernand Melgar in un'intervista afferma infatti che la presenza al festival di
Locarno rappresenta un opportunità per comprendere il grido d'aiuto dei 150 mila
richiedenti d'asilo presenti in Svizzera.
Melgar nella conferenza stampa tenutasi dopo la proiezione ha aspramente
criticato la "politica xenofoba" dell'UDC e la propoganda di forte impatto
visivo: ne sono un palese esempio i recenti cartelloni anti-immigrazione, citati
dallo stesso regista.
Le riprese di Vol spécial, concentrate sulla dimensione intima dei personaggi,
si prefiggono lo scopo di denunciare il trattamento disumano al quale vengono
sottoposti gli stranieri scoperti senza permesso di soggiorno, e si svolgono
quasi interamente all'interno della prigione di Frambois, edificio situato a
Ginevra e adibito alla reclusione di coloro che risiedono illegalmente sul suolo
elvetico.
All'interno di questo carcere non vivono criminali, ma perlopiù uomini
legalmente immacolati che non hanno più il diritto di risiedere dentro i confini
del territorio elvetico: Frambois è solo la tappa di un percorso che, per la
maggior parte dei detenuti, si concluderà con un rimpatrio forzato.
Il documentario racconta le storie e la quotidianità di queste persone senza
risparmiare niente: paure ed angoscie vengono mostrate in tutta la loro
crudezza, offrendoci una visione coerente della realtà.
La reclusione dei prigionieri viene in parte alleviata dalla solidarietà
reciproca e dal sostegno morale di coloro che dirigono e gestiscono il carcere,
ma questi nulla possono contro l'imperante burocrazia e di conseguenza la loro
sincera umanità non è sufficiente: per la legge sono prigionieri alla stregua di
veri e propri criminali.
La prospettiva di poter venire cacciati dalla Svizzera in qualsiasi momento
getta questi uomini in una frustazione continua: costretti ad abbandonare lavoro
e famiglia per ripartire da zero in paesi dove la possibilità di costruirsi un
futuro è scarsa, senza contare che potrebbero non essere ben accetti di rientro
nel loro paese natio.
Solo la morte di un detenuto, deceduto a causa del brutale trattamento operato
dalla polizia durante il trasporto per il rimpatrio, riesce a scuotere la
situazione: vengono promessi cambiamenti, ma ormai non ci crede più nessuno.
Senza dubbio angosciante, Vol spécial fa leva sulla sofferenza emotiva per
divulgare una realtà sconosciuta a molti. Documentario crudo e senza fronzoli,
riesce a coinvolgere emotivamente il pubblico grazie all'approccio adottato dal
regista: la naturalezza dei detenuti è stata ottenuta grazie al legame intimo
ch'egli ha voluto instaurare con loro già mesi prima dell'inizio delle riprese.
Melgar è convinto e convince, ma sopratutto emoziona: le persone presenti nel
documentario vengono presentate per quello che sono, e di conseguenza i loro
sentimenti sono di una concretezza disarmante, che permette di staccarsi
dall'ottica puramente cinematografica a fronte di una riflessione intima.
Importante anche il ruolo dei secondini, la cui rassegnazione alla legge voluta
proprio dal loro popolo si contrappone in modo molto forte con l'umanità che
essi trasmettono, che, come afferma il regista, rende Frambois un posto in
completa antitesi con il carcere di Zurigo.
Il messaggio di burocrazia fredda e stupida viene trasmesso in modo drammatico:
i secondini sono consapevoli dei risvolti decisamente negativi del rimpatrio
forzato, ma sono costretti ad essere falsamente ottimisti, vergognandosi e
deludendo i detenuti.
Seppur intensi, i dialoghi non sono numerosi, ma vengono ampiamente compensati
dall' importanza che il documentarista ha voluto imprimere alle scene ed alle
espressioni di muta sofferenza dei carcerati.
Un'ampio spazio viene inoltre dato alla vita quotidiana della prigione:
solidarietà e speranza emergono nel corso di tutto il documentario ma si
alternano con una rabbia nei confronti di un paese che, come afferma tristemente
ironico uno dei reclusi, tutela meglio un cane rispetto ad uno straniero.
Questo documentario non va capito, va semplicemente visto: il messaggio traspare
in ogni scena ed esplode nella canzone di uno dei detenuti, che incita con la
musica raggae a riporre fiducia in ogni uomo ed a restare uniti per resistere ad
una burocrazia sempre più impersonale.
Secondo molti addetti ai lavori questo film merita, se non di vincere,
almeno di essere visto. Anche Giancarlo Zappoli, durante la conferenza
stampa di Castellinaria di stamane, l'ha citato elogiandolo. Sicuramente è
un documentario con una visione intimistica, che punta sulle emozioni, ma
fortemente politico. Nel momento in cui a Locarno, così come nel resto del
Ticino e della Svizzera, stanno apparendo i cartelloni pubblicitari
dell'UDC, che incitano a fermare l'immigrazione di massa, al concorso
internazionale è presente questo documentario che vuole denunciare gli
effetti disumani delle politiche "anti-rifugiati" del partito di Blocher.
Siamo più o meno certi che il tribuno di Zurigo non apprezzerà questo
documentario, e non è escluso che i democentristi polemizzino contro "Vol
spécial", che di fatto è una delle opere cinematografiche che più di altri
ha saputo denunciare la regressione della politica d'asilo svizzera.
alce