Case popolari ai nomadi
Di Fabrizio (del 13/10/2010 @ 09:59:26, in casa, visitato 1615 volte)
Gazzetta di Reggio di Marco Martignoni
L'assessore Matteo Sassi propone: "Una casa popolare anche per le
giovani coppie di nomadi, purché lavorino e mandino a scuola i figli".
REGGIO. E se le campine non fossero l'unica soluzione per l'integrazione dei
nomadi? Ne è convinto l'assessore comunale al welfare Matteo Sassi che dopo le
dichiarazioni del sindaco Delrio - "i soldi per proseguire in questo momento non
ci sono e il provvedimento è fermo" - lancia il suo progetto. Un progetto per
molti versi innovativo e che, probabilmente, farà discutere. "Non mi sogno certo
di chiedere a un capo famiglia Sinti di lasciare il campo e le sue tradizioni
per sposare un progetto casa - dice Sassi - ma se noi investiamo nelle giovani
coppie, allora possiamo invitarle a partecipare alle graduatorie per
l'assegnazione degli alloggi popolari. E' un modo per avere un'integrazione vera
che ci possa permettere di ricacciare la paura".
LE CRITICHE. Invitare i giovani nomadi a "gareggiare" per avere una casa
popolare, potrebbe provocare reazioni pesanti, in particolare tra i reggiani. "Sulle giovani generazioni - aggiunge l'assessore - possiamo avviare un progetto
con punti saldi precisi: scolarizzazione, casa e lavoro. Il principio cardine
sul quale deve basarsi il nostro ragionamento politico è il superamento della
logica del campo nomadi. I cittadini forse non lo sanno, ma su una popolazione
nomade residente in città di 800 persone, solo 300 vivono nei campi. I reggiani
non si sono accorti che sono in realtà decine le campine sparse per la città. Il
mio obiettivo è che per il cittadino, il Sinto sia una persona e non un demone.
Ecco perché dove si è realizzato un percorso di integrazione vero, si sono
ottenuti risultati ottimi. Campine sì, campine no? Non mi faccio certo
calamitare da un dibattito che non mi appartiene".
NESSUN PRIVILEGIO. L'assessore poi ci tiene a precisare. "Lo strumento che
propongo - spiega - parte dalle condizioni economiche di una coppia giovane.
Potremo dare loro una casa se ne faranno richiesta e senza alcun privilegio, ma
solo se avranno diritto ad accedervi. Questa è la differenza tra noi e quanto
succede a Milano. Dove una persona, in quanto nomade, non ha nemmeno la
possibilità di accedere ai servizi abitativi". Poi un accenno su quanto
dichiarato dal sindaco in merito ai tagli agli enti locali. "Il sindaco -
aggiunge Sassi - ha riportato al tema attuale degli enti locali. Il tentativo
del governo è quello di destrutturare il meccanismo degli enti locali. La
manovra incide a questo livello. Le campine, al pari delle altre opere
pubbliche, sono progetti congelati. Basta fare un esempio: da aprile ad oggi il
Comune ha speso meno della metà sulle manutenzioni straordinarie. Questo tanto
per dare il senso della crisi economica che incombe anche su di noi".
LE SOLUZIONI. Secondo Sassi per affrontare nel migliore dei modi il "problema"
nomadi, il ragionamento politico da fare abbraccia anche la nascita delle campine.
"Perché fare le campine? - si chiede l'assessore - L'obiettivo vero è
superare i campi nomadi. La campina non è il fine, ma il superamento dei campi è
il traguardo da tagliare. Le microaree sono sempre state uno strumento per
farlo. Non lo strumento, ma uno strumento. Il punto politico è il superamento
del campo che non permette una vera integrazione sociale e culturale. Finché non
si arriva a un punto di incontro, la soglia dei pregiudizi e della paura non si
abbassa".
CONTINUITA'. "Non abbiamo ripensato la nostra politica - ha detto nei giorni
scorsi il sindaco Delrio alla Gazzetta -, la prospettiva di arrivare a chiudere
i campi nomadi è una prospettiva che come amministratori locali abbiamo tutti, e
che si pone all'interno di un programma nazionale di riduzione dei campi nomadi.
Il tema di via Gramsci è da avviare a soluzione, ma va detto che la prima
micro-area è stata allestita con finanziamenti regionali. Oggi, però, hanno
tagliato tutti i fondi. I soldi per proseguire in questo momento non ci sono, e
il provvedimento è fermo. Mancano le risorse: le difficoltà che riguardano i
reggiani purtroppo riguardano anche loro". E' su queste basi che si fonda
un'altra proposta di Sassi. "Per abbassare il livello di paura dei cittadini -
dice - proviamo a rendere più visibili le condizioni in cui vivono i nomadi nei
campi. Allora i reggiani si accorgeranno di quanto avviene in quelle aree.
Conoscendo quella realtà, la si potrà vivere senza paura".
10 ottobre 2010
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