Segnalazione da Sara Palli
PisaNotizie.it
Oggi intorno all'ora di pranzo donne, uomini e bambini, hanno invaso il
cortile delle case che devono da tempo essere assegnate. Poiché non tutti
troveranno alloggio all'interno dei nuovi edifici, oggi sono arrivati due
container destinati ai nuclei familiari che rimarranno esclusi. Le famiglie:
"Quei container sono invivibili, chiediamo chiarimenti e risposte al Comune"
Esplode la rabbia e la protesta delle famiglie che abitano al campo di Coltano.
Per le decine di famiglie che aspettano da anni che siano assegnate loro le case
costruite proprio accanto al campo, la goccia che ha fatto traboccare il vaso è
stata la comparsa intorno all'ora di pranzo di due vecchi container della
Protezione Civile, uno dei quali è stato posizionato all'interno del complesso
delle costruzioni ormai da tempo completate.
Infatti il numero di abitazioni che è stato costruito è inferiore rispetto al
numero di famiglie che abitano nel campo, per cui questi primi container
sarebbero destinati a coloro a cui non verrà assegnata la casa. Gli edifici di
Coltano potranno ospitare 17 famiglie, ma i nuclei familiari presenti nel campo
sono 23 e le abitazioni sono fatte di due o tre vani mentre nella maggior parte
dei casi siamo di fronte a nuclei familiari molto numerosi.
La mancanza di qualsiasi comunicazione preventiva di questa decisione ha fatto
perdere la pazienza alle famiglie, che da anni attendono una sistemazione. Da
qui la decisione di entrare per protesta all'interno dei cortili delle nuove
abitazioni per chiedere chiarimenti all'amministrazione comunale, affinché si
apra un confronto e per non essere rinchiusi in container che risultano essere
anche peggiori delle baracche in cui oggi abitano le famiglie.
La protesta è durate oltre tre ore. Sul posto è giunto in forze il personale
della polizia municipale, della polizia e dei carabinieri. Si è aperto così un
canale di comunicazione tra le famiglie e il capo della polizia municipale,
dott. Massimo Bortoluzzi. Alla notizia che l'amministrazione comunale avrebbe
discusso del problema, data dallo stesso Bortoluzzi alle mamme, ai papà e ai
bambini che hanno "invaso" pacificamente il piazzale, la situazione si è
sbloccata ed intorno alle 16 tutte le famiglie sono uscite dal cancello che
delimita le nuove abitazioni.
"Non vogliamo più essere presi in giro - afferma uno degli uomini che vive nel
campo da oltre dieci anni - Si sapeva da tempo che non c'era il posto per tutti
in quelle case ed ora senza che nessuno ci avesse mai detto nulla prima,
arrivano dei container che sono delle trappole invivibili".
"Sono mesi che aspettiamo - incalza una donna con il suo bimbo al collo - e
ancora non si sa chi verrà fatto entrare e chi no. Noi non vogliamo vivere nei
container ma nelle case come tutti. Lavoriamo, mandiamo i nostri figli a scuola,
è una questione di giustizia".
Con le famiglie era presente Padre Agostino Rota Martir: "Questo episodio
conferma ancora una volta come le vittime siano i rom, che non vengono mai
coinvolti ma devono solo subire le decisioni. Nessuno li aveva mai informati che
alcune famiglie sarebbero state chiuse nei container. Il Comune deve gettare la
maschera ed assumersi le sue responsabilità".
Ad oggi, infatti, nonostante da mesi una commissione lavori ad hoc su questa
questione, non è stato definito chi entrerà nelle abitazioni e quando le porte
di queste case saranno aperte. Nel corso del 2010 l'apertura è già slittata più
volte e non vi è ancora una data precisa.
Le famiglie attendono quindi una risposta dal Comune: "Oggi siamo andati via -
ci spiega uno degli abitanti del campo - perchè vogliamo chiarimenti. Se domani
o dopodomani il Comune non ci spiegherà veramente cosa intende fare,
riprenderemo la protesta, riaprendo questi cancelli".
Uno dei container è così rimasto sul piazzale accanto alle case, l'altro invece
è stato portato via. "Mi chiedo come non si capisca - afferma Padre Agostino -
che portare accanto alle case dei container sia una scelta sbagliata, tanto più
che una cosa simile non era mai stata annunciata. Serve un confronto, ma non
sembra che l'amministrazione sino ad oggi sia stata di questo avviso".
Ricevo inoltre da Agostino Rota Martir
Ci avete rubato anche la festa!
Mentre scrivo a pochi metri da qui, il villaggio Rom è cinturato da un
ingente dispiegamento delle forze dell'ordine, venute per chi? Ce lo chiediamo
in molti, per cercare di capire il motivo di tanta polizia... era evidente lo
scopo di tenere a distanza i Rom per tutelare i "benefattori", asserragliati
all'interno del villaggio, il cancello chiuso e sotto guardia che impedisce
l'accesso ai Rom.
E' l'esatta fotografia del Progetto Città Sottili: molti Rom fuori che gridano
la loro rabbia, altri piangono disperati per le ferite inflitte all'animo, a
volte con arroganza, tutti gli altri smarriti, increduli. All'interno gli
operatori, assistenti sociali, dirigenti, responsabili... Un Progetto che
esclude dei Rom e protegge i suoi "benefattori". E' il paradosso che si celebra
in questa triste giornata, è la parodia del ridicolo vissuta alla luce del sole,
senza alcun senso di vergogna: il villaggio Rom occupato dai "prepotenti", da
coloro che molte volte si sono serviti dei Rom per inseguire i loro interessi e
che non accettano di essere smascherati dai Rom stessi, ecco allora, fare mostra
della loro arroganza e meschinità. Anche chi riceveva la consegna
dell'appartamento, aveva stampato sul volto lo smarrimento e la paura.
Ieri un gruppo di Rom, con le loro famiglie ormai stanchi di non avere una
minima risposta alle loro domande, occupava il villaggio, impedendo di fatto
l'accesso a due container: per chi sono questi container (uno fatiscente, senza
porte e finestre, ammuffito...)? Volevano delle risposte, puntualmente negate
dal responsabile Simone Conzani, così il gruppo, stanco del silenzio, esasperato
dall'ennesimo rifiuto, messo in disparte, come fossero degli appestati, senza
una plausibile ragione, decidono di occupare il villaggio e di chiudersi
all'interno, bloccando di fatto i container fuori del villaggio.
Dopo una trattativa in cui chiedevano garanzie per un dialogo con l'Assessore
alle Politiche Sociali di Pisa, per essere coinvolti nelle decisioni riguardanti
la loro vita e quella delle loro famiglie, ecco la risposta arrivare puntuale
questa mattina: il dialogo è visto come una minaccia per il comune di Pisa, che
finalmente accetta di togliersi la maschera che in questi anni abilmente ha
utilizzato, e mostrare il suo vero volto: quello della forza e della prepotenza.
Il dialogo visto come un istigazione, una minaccia, un intralcio, una perdita di
tempo.
Chi è il vero istigatore in tutta questa vicenda? Sono forse i Rom,
l'Associazione Africa Insieme, il sottoscritto, chi chiede il rispetto verso le
persone e i loro diritti? So solo e lo constato amaramente che quest'oggi il
comune di Pisa di fatto "legalizza" un'ingiustizia! Lo ripeto ancora a distanza
di qualche anno: "Le persone sono più importanti del progetto", ed oggi questa
verità risulta sempre vera e quanto mai provocatoria: le forze dell'ordine
impiegate a difesa del progetto contro persone che hanno pazientato per otto
anni, che hanno avuto forse il torto di fidarsi di tante promesse.
Il Comune di Pisa ci ha rubato la festa. Posso testimoniare che tutte le
famiglie Rom del campo in questi ultimi anni attendevano con ansia e gioia
l'apertura del villaggio, c'era chi risparmiava in vista di entrare nel nuovo
alloggio, era un'attesa carica di timore ma anche di speranza. Poca fa, una
donna del campo che ha avuto l'appartamento, mi disse con un po' di amaro in
bocca: "Quando sono entrata nel villaggio mi tremavano le ginocchia dalla
paura... (non certo a causa dei Rom, come qualcuno vorrebbe far credere!!) con
tutti quei poliziotti attorno." Come leggere questo dispiegamento di forza, del
tutto inutile, se come una prova di "cattiveria", con lo scopo di umiliare la
dignità delle persone e come uno schiaffo all'integrazione?
Quando la forza sostituisce il dialogo è un brutto segno, per tutti! E' un
allarme da prendere in seria considerazione.
A quest'ora, che i "benefattori" e le forze dell'ordine hanno lasciato il
villaggio, i Rom finalmente possono distendere i sorrisi sui loro volti. Gli
altri esclusi, nel vecchio campo discutono ancora sull' immediato futuro, le
donne con le lacrime agli occhi stringono a sé i più piccoli, per
tranquillizzarli e scacciare da loro cattivi incubi.
Don Agostino Rota Martir
Coltano, campo Rom, ai bordi del nuovo villaggio Rom – 2 Settembre 2010