Terra news -
di Federico Raponi
DOC. Da Napoli alla Romania, "Europa 0 km" racconta un viaggio nel presente
dei rom tra soprusi della camorra, razzismo dilagante e fabbriche chiuse.
Disoccupazione in Romania, ostilità in Italia. Il documentario Europa 0 km
"segue la diaspora dei 900 rom cacciati da Ponticelli nel maggio di due anni fa
- racconta il co-regista Luca Bellino - dopo 3 giorni di roghi e bombe molotov
sui loro campi".
Com’è potuto succedere?
E' stata la conseguenza di un contesto nazionale durato mesi, a partire
dall’omicidio Reggiani a Roma. Lo sfondo è stato un accordo sotterraneo tra
apparati amministrativi e il clan dei Sarno, per cui nella zona dove si
trovavano i nove campi si doveva costruire, cantierizzando entro una data.
Esattamente un mese dopo l’incendio. I soldi sono arrivati a pioggia, e tra
l’altro nell’inchiesta l’assessore coinvolto è stato arrestato.
L’atteggiamento della gente comune?
Purtroppo in quel quartiere gestiva tutto la criminalità. Se invece guardiamo
alle vite private, c’erano grande comunione e amicizie. Ma, quando è arrivato il
richiamo all’ordine, appoggiato anche da manifesti del Pd ("Via i Rom da
Ponticelli"), come al solito sono state mandate avanti le donne a dire: "via
tutti".
Dove sono finiti i rom?
Una parte è tornata in Romania, a Calarasi, e un’altra si è rifugiata in altri
nuovi campi arrangiati a Napoli.
Com’è la situazione nel Paese d’origine?
C’è una grandissima nostalgia del regime comunista, si ricorda che nelle
fabbriche lavoravano soprattutto i rom. Dopo l’89 hanno chiuso e da lì è
iniziata la diaspora verso l’Europa, culminata con l’ingresso della Romania
nell’Unione europea. Da qui il titolo del film, perché lì abbiamo visto ovunque
cartelli con questa scritta. L’Europa però ha significato sfruttamento da parte
delle multinazionali, tante anche italiane, con stipendi bassissimi e Rom che
non lavoravano più. Ora con la crisi generale le nuove fabbriche stanno per
chiudere, la crescita del Paese un po’ di soldi li porta, molti sono tornati e
un tessuto lavorativo si sta ricreando.
E a Napoli?
La situazione è d’emergenza, i campi sono in condizioni estreme e precarie, non
c’è nessun progetto di scolarizzazione né di formazione. I rom vivono della
raccolta del ferro, attività principale, e di elemosina. Vogliono una stabilità,
e quando d’estate tornano a Calarasi, con quei soldi costruiscono le proprie
case.
L’idea del documentario?
Ci siamo resi conto che di questo evento simbolico fortissimo - cruciale nella
storia del razzismo italiano, nel quale ci si è sentiti legittimati, nel
silenzio generale, a incendiare abitazioni come fecero i fascisti in Africa -
non se ne parlava più. Quindi per noi è stato un atto necessario.