Carcere: gli irregolari che si recano a far visita ad un familiare detenuto non verranno denunciati
Di Fabrizio (del 19/12/2009 @ 09:36:59, in Regole, visitato 1641 volte)
ImmigrazioneOggi
17 dicembre 2009 Una circolare del DAP motiva la scelta affermando che
“l'accesso per il colloquio con i familiari in carcere non si configura come la
fruizione di un servizio pubblico ma come esercizio di un diritto, tanto da
parte dei ristretti quanto da parte dei congiunti”. Il sindacato di polizia:
“siamo allibiti”.
Allo straniero che si presenta in carcere per far visita a un familiare detenuto
non dovrà esser richiesto alcun documento che dimostri la sua regolare
presenza in Italia. È quanto stabilito da una circolare del Dipartimento
Amministrazione Penitenziaria che per spiegare agli agenti come agire alla luce
delle nuove norme previste dal pacchetto sicurezza che hanno introdotto il reato
di immigrazione clandestina.
I detenuti stranieri nelle sovraffollate carceri italiane sono oltre 25mila
(circa il 27% del totale) e molti di essi sono clandestini. La probabilità che
siano irregolari anche alcuni dei familiari che fanno loro visita in carcere è
assai alta. Dal momento che gli agenti penitenziari sono pubblici ufficiali,
come dovranno comportarsi ora che l'immigrazione clandestina è un reato?
“Il personale del Corpo di polizia penitenziaria non dovrà richiedere allo
straniero che accede alla struttura penitenziaria l'esibizione di alcuna
documentazione attestante la sussistenza dei requisiti legittimanti la presenza
sul territorio italiano, né lo straniero sarà tenuto a dimostrare in alcun modo
la regolarità della sua posizione”, scrive Sebastiano Ardita, magistrato a capo
della direzione generale detenuti del Dap. E questo vale a maggior ragione “nel
caso in cui a richiedere il colloquio siano i figli minori di persone prive di
permesso di soggiorno”. Ma la circolare, diramata a tutti i provveditori
regionali e diffusa dall’agenzia Ansa, precisa anche che il mancato obbligo di
verifica sulla regolarità dello straniero all'ingresso del carcere “non esclude
che il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio, in qualsiasi modo
venga a conoscenza della sussistenza del reato” di immigrazione clandestina “non
sia tenuto, in via generale, a denunciare tempestivamente il reato all'autorità
giudiziaria o ad altra che abbia a sua volta obbligo di riferire a quella”. La
decisione di non chiedere allo straniero in visita un documento che ne attesti
la regolare presenza è stata presa - scrive Ardita - sulla base della
considerazione che l'accesso per il colloquio con i familiari in carcere “non si
configura come la fruizione di un servizio pubblico ma come esercizio di un
diritto, tanto da parte dei ristretti quanto da parte dei congiunti”.
“Siamo allibiti” è stato il commento di Leo Beneduci, segretario generale
dell'Osapp il sindacato degli agenti penitenziari. Secondo Beneduci “come agenti
e ufficiali di polizia giudiziaria abbiamo l'obbligo di far rispettare le leggi
e reprimere i reati, non certo di chiudere un occhio. Su questa vicenda ci
rivolgeremo al ministro dell'Interno Maroni per avere giustizia”.
(Red.)
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