Cominciava così un commento del 7 settembre scorso ad alcune foto dal Montenegro.
Un rapido scambio di email e abbiamo scoperto che tutti e due avevamo cose interessanti da raccontarci.
Qui studio: passo la linea a Barbara -
Ti scrivo da Napoli, più precisamente da Scampia come ti dicevo la volta scorsa, qui le cose non funzionano meglio che altrove per quanto riguarda i Rom, ma un po’ per tutto il quartiere.
Noi siamo un gruppo di persone che attraverso lo scambio di energie con chi vive in modo meno fortunato di noi, riesce a portare avanti pratiche pedagogiche con bambini rom e napoletani del quartiere, e attivare dei percorsi di partecipazione attiva alla vita politica e sociale della città con gli adulti, senza percepire alcuna remunerazione economica, sostenendoci con l’autofinanziamento.
Un lavoro basato sulla relazione, intesa come modalità d’interazione con l’altro, che da grande forza a chi la pratica, fa nascere con le persone momenti di dialogo e di confronto molto profondi, belli e di grande ricchezza, ma che purtroppo non riesce ad incidere nelle dinamiche politiche che condizionano e influenzano la vita politica e sociale napoletana, ma questo riguarda un altro piano d’azione.
Mi riferisco all’operato dell’amministrazione comunale, provinciale e regionale della città, in relazione al quartiere di Scampia, e in particolare ai Rom che li vivono.
A Scampia esistono due grossi insediamenti di Rom, uno autorizzato e l’altro abusivo, il primo costruito circa 5 anni fa, è stato realizzato a ridosso di un carcere, su di una strada a scorrimento veloce, dove è impossibile camminare a piedi (immaginerai cosa ciò voglia dire per donne e bambini) per l’assenza di autobus, marciapiedi, negozi. In questo spazio desolante, vivono circa 900 persone provenienti dalla ex-Yugoslavia, in particolare dalla Serbia e qualche nucleo dalla Bosnia, raggruppati in piccoli container in base a nessun criterio, senza alcuna modalità di coinvolgimento, di partecipazione, secondo la legge della confusione e della forza di chi allora era più prepotente. Chi allora tra i gruppi lavorava ai campi, si oppose alla costruzione prima e al trasferimento poi dei Rom in quel luogo estraniante e di esclusione, si inimicò prima l’amministrazione e poi i Rom stessi. Abituati a prendere qualsiasi cosa, senza alcuna modalità organizzata di rivendicazione dei diritti fondamentali, di autonomia, i rom si piegarono per l’ennesima volta alla logica dell’assistenzialismo e della dipendenza dalle amministrazioni pubbliche e dalle grossi lobbie del sociale come l’opera nomadi per lo meno questa napoletana. La situazione al campo nuovo è triste, grosse tensioni sociali, tra i nuclei residenti non esistono grossi legami di parentela ne di aggregazione spontanea, perché la condivisione e la comunanza si basa unicamente sulla condivisione su di uno spazio, che tra l’altro è sentito ostile, di esclusione di negazione, rispetto alla possibilità di interagire con il resto del quartiere. È di qualche anno fa l’episodio di una grossa lite fra i due nuclei più forti del campo, terminata con una sparatoria in cui fu colpito un bambino, la sua famiglia si è allontanata dal campo, ora fortunatamente stanno tutti bene.
L’altro insediamento rom è costituito da circa 4 campi abusivi così suddivisi in base alla provenienza geografica e ai legami di parentela. I rom qui presenti da circa 15 anni, chi da 20, provengono dalla Macedonia, più precisamente da Scutca Orizare, un quartiere rom di Skopje, dove un anno fa trascorsi un po’ di tempo, altri dalla Serbia da Novi Sad e altre città , una minoranza da Kossovo, altri dalla Croazia.
Qui la situazione per quanto riguarda i beni di prima necessità è all’ordine dell’emergenza, mancano acqua, luce, servizi igienici, cassonetti per i rifiuti, e per di più la strada che costeggia i campi è utilizzata come una discarica a cielo aperto da parte della comunità indigena. Si deve inoltre considerare che i campi si inseriscono in quartiere dove è alto il rischio di devianza sociale e criminale che non risparmia neanche i rom e i bambini di entrambe le comunità, la droga e la mancanza di lavoro sono due piaghe forti del quartiere che non vogliono essere affrontate dalla politica locale, ma neanche quella nazionale ci presta particolare attenzione non fosse altro per la massiccia presenza di militari e forze dell’ordine schierate come parate di festa nei momenti di tensione più particolari.
A diversi mesi dalle stragi di camorra che a Scampia hanno fatto registrare più di 40 morti in pochi mesi, per la maggior parte giovani, la situazione torna quella di sempre, latitanza della politica, scetticismo e pessimismo da parte della gente. È dell’ultima ora la decisione di costruire un muro alto 10 m. tra una scuola elementare e il campo situato a ridosso della stessa, la dirigente dell’istituto ha denunciato finanche alla procura della Repubblica la situazione d’invivibilità dei bambini della scuola a causa dei fumi prodotti dai rom con le stufe, per bruciare l’immondizia non ritirata, per riscaldare l’acqua, per procurarsi il rame dai fili di ferro. Come se la situazione d’invivibilità non riguardasse tutti i bambini, e nel loro quotidiano vivere, ma solo a scuola , come se quei bambini nelle classi non fossero gli stessi a tornare al campo e respirare le esalazioni tossiche dei fumi, quegli stessi fumi necessari alla loro sopravvivenza. Così il comune nell’ottica di mettere a tacere i dissidi, la scomodità rappresentata dalla dirigente tenace nella difesa dei bambini o della sua posizione di buon borghese chissà, non adotta misura per risolvere il problema alla radice, eliminando la causa dei fumi, sarà la mancanza di acqua e luce ad alimentare questa situazione???
Ma una misura meschina e di oltraggio alla dignità umana,un muro alto 10 m che non risolve certamente il problema, ma in compenso fa stare tutti tranquilli meno i rom e chi con loro resiste.
Domani abbiamo un incontro al campo per discutere sul da farsi e decidere che posizione assumere in merito alla situazione, il comune sfrutta la situazione di ricattabilità in cui i rom si trovano mercanteggiando diritti e dignità umana.
Ti racconterò l’evoluzione della storia.
Ciao e a presto Barbara.