Da
Nazione Indiana un post di Marco Revelli, che mi ricorda come il
CLANDESTINO non sia per forza uno straniero
Clandestino, clam-des-tinus. Ciò che sta nascosto al giorno, e odia la luce.
Chi sta nell’ombra. L’agguato al varco, là in fondo al corridoio nero, un film
di Lynch. L’uomo nero, unheimlich. Uomo sabbiolino: Enter sandman.
Exit light. Enter night.
Tu, clandestino, sei un delinquente. La tua invisibilità, la tua condizione
d’inesistenza, prodotta dal diritto, da oggi il diritto la punisce. Che
meraviglioso gioco di prestigio. E che meraviglioso servo sei tu, clandestino.
Ci servi, ci serviamo di te, e non lo diciamo. Se una mano dà scandalo, la si
tagli. Quanta parte dell’Italia oggi occorrerebbe amputare?
Trovo intorno a me i soliti vecchi nuovi mostri, e più potenti. La realtà è
in mano loro, che la rovesciano, e rovesciano le parole, e le mostrificano. Nel
mondo realmente rovesciato, il vero è un momento del falso. Si prosegua lo show,
un barcone viene fermato, rovesciata la dritta, al rovescio adesso, al rovescio
dei campi e del deserto, un piccolo sacrificio per dar segno di ineluttabilità,
guardami negli occhi lazzaro, guardami e ingoia il bianco delle mie pupille,
fatti inghiottire, guardami e torna a dormire, il pubblico impagabile applaude e
ritorna alla sua impagabile assenza. Segni, intorno nient’altro che segni
d’assenza. La testa nella sabbia. E sopra (il mondo è realmente rovesciato), il
sabbiolino che soccombe al sole del deserto dove è stato ricacciato. Non si
veda, questo sole accecante, la testa nella sabbia! Lo spettacolo è sabbia che
occulta il reale, e la testa accecata di buio non vede la sabbia.
Manca il fiato, qui. Qui si gira a vuoto. Un movimento senza presa sulle
cose, che produce solo rumore, effetto larsen. Parole che tornano su se stesse,
e crescono l’una sull’altra, superfetazione tumorale. Un grande apparato
coscienziale che produce, insonne, mostri. Sì, lo so, è solo l’incubo prodotto
da questo illusorio, è questo illusorio reale che vince su di me e mi toglie
ogni speranza. E sì, so che mai cesserò di produrre parole, le parole sono cose
che alla lunga producono un altro reale, ma adesso questo illusorio reale è
troppo potente e mi mostrifica le parole, non mi appaiono come evangelio ma come
apocalissi. Sono sopraffatto da questo illusorio reale che non vede e acceca di
buio. Che mi fa clandestino.
Enuncio il mio soccombere, solo così posso rialzarmi, riprendere a parlare.
Now I lay me down to sleep.
Mi risveglio alla luce.
Su la testa.