In questi giorni non ho scritto niente sul referendum
a Rho sul campo nomadi, perché non conoscevo nessuno in loco che potesse
raccontare qualcosa di più di quello che tutti potevamo sapere dai giornali.
Ho scoperto in ritardo questa persona, seguendo una interessante
discussione su ONEMOREBLOG.
Ne approfitto per riportare anche qui alcune riflessioni:
Al referendum ha partecipato il 40% degli aventi diritto, che per il 90%
hanno votato contro la rilocazione del campo nomadi. Il risultato insomma
ricalca gli esiti dei referendum di giugno scorso e conferma come l'attuale
quorum del 50% è un grande limite all'uso del referendum come strumento di
democrazia diretta. Però, come accade spesso quando non si capisce chi ha
vinto, il risultato non scontenta nessuno:
Alle scorse elezioni comunali il centrosinistra vinse a Rho con un programma
che prevedeva anche la risistemazione del campo (abusivo) dove i Rom risiedono
da decenni. Il referendum proposto dalla Lega, senza l'appoggio delle altre
forze del centrodestra, aveva il valore di rivalsa politica, e scontava una
serie di limiti, tanto pratici che politici.
Prima di tutto nella sua formulazione: non era (come poteva sembrare) un
referendum pro o contro i nomadi, perché avrebbe violato la legge
Mancino. Leggo sulla Padania
Online:
SE VINCE IL Sì
La variante urbanistica per l’area di via Sesia su cui dovrebbe sorgere il centro di integrazione per i Rom resta deliberativa. Parte l’iter del progetto, che durerà almeno un anno. Poi inizieranno i lavori. Lo stesso accade nel caso in cui non venga raggiunto il quorum.
SE VINCE IL NO
La variante urbanistica decade, con effetto immediato. La delibera dovrà passare poi in consiglio comunale, per la presa d’atto.
Quindi l'alternativa reale era tra risistemare i Rom in maniera più
dignitosa (come proposto dalla maggioranza) o tenerli in un'area degradata,
nella speranza che in Consiglio comunale passasse il voto (minoritario) di sgomberare
l'area. Da tenere anche conto che la maggioranza non era vincolata al risultato
referendario. Insomma, dal punto di vista tecnico e politico, un'operazione
veramente macchinosa.
A parte le motivazioni politiche, secondo me la Lega ha perso per una
questione più pratica. Se i Rom di Rho fossero stati cacciati da dove risiedono
da tempo, senza avere un altro posto dove andare, credete che:
- sarebbero tornati in India?
- avrebbero girovagato nei dintorni in cerca di un altra area dove
accamparsi?
Cosa avranno pensato gli elettori leghisti che abitano distanti
dall'insediamento attuale? Che l'ennesimo sgombero rischiava di portare quei
Rom, nomadi per necessità, proprio sotto casa loro.
E come avranno reagito i leghisti dei comuni limitrofi, al rischio di vedere
arrivare le solite carovane di sfollati?
Ho adoperato apposta il termine sfollati invece che di nomadi. Quindici anni
di maggioranze di centrodestra a Milano e in Provincia, con i continui sgomberi
senza trovare soluzioni rispettose della persona, non hanno affatto diminuito la
presenza di Rom sfollati nel Nord Ovest del milanese, hanno solamente aumentato
la loro mobilità forzata. La recente vicenda di via Capo
Rizzuto, dimostra che anche la legge più rigida, come è la Bossi-Fini, non
permette l'espulsione dello straniero con i documenti in regola, al limite
concede lo sfizio alle Forze dell'Ordine di accanirsi sulle sue misere
proprietà. C'è voluto un cambio di maggioranza in Provincia, per iniziare ad
affrontare il problema a livello di area metropolitana.
Affrontare la questione con i referendum comunali, a questo punto, significa
solo mettere i cittadini uno contro l'altro, e tutti contro i Rom e i Sinti. Che
poi questo succeda tanto nei comuni a maggioranza di destra o sinistra, non
cambia niente.