Ricevo da Roberto Malini (La ragione per cui continuo a
pubblicare i suoi comunicati è semplice: sul processo ad A. non riesco a trovare
altre notizie)
Confermata il appello la condanna per la giovane Angelica, accusata del
tentato rapimento di Ponticelli. Molteplici le ragioni del nuovo abuso
giudiziario. Necessario cambiare strada se si spera di ottenere giustizia in
Cassazione
Napoli, 8 maggio 2009. La giovane romnì Angelica è stata condannata anche in
appello. Non abbiamo ancora il dispositivo di sentenza, ma il verdetto è stato
confermato dopo una breve udienza, senza che siano state presentate nuovi
elementi, perizie o relazioni a discolpa della ragazza. Chi pensava che il
verdetto sarebbe stato modificato, in assenza di nuovi elementi, sbagliava. I
presidenti delle organizzazioni per i Diritti Umani EveryOne e Union Romani
avevano chiesto ai legali di Angelica di lasciarsi affiancare nel procedimento
di appello, ma purtroppo, ancora una volta, invano. Senza un supplemento di
indagini, una video-perizia, relazioni di specialisti nella valutazione di abusi
contro cittadini di etnia Rom, nuove interviste a cittadini di Ponticelli,
difficilmente si poteva sperare in un capovolgimento del verdetto di primo
grado. L'intervista ad Angelica apparsa ieri su Repubblica andava suffragata da
altre considerazioni e avrebbe dovuto apparire almeno sette giorni fa, per avere
efficacia. Ricordiamo, inoltre, che i Rom di Ponticelli si sono trovati al
centro di interessi molteplici, in cui è innegabile il ruolo della criminalità
organizzata, cui il razzismo (a Napoli come a Milano, dove i mafiosi nuotano
come un branco di squali nelle torbide acque dell'Expo) fa comodo, visto che
occuparsi di Rom, mendicanti e senzatetto distoglie l'attenzione delle autorità
dagli affari dalle organizzazioni criminali. In quel clima, non si vede perché,
senza nuovi elementi, il magistrato avrebbe dovuto cambiare il giudizio del suo
collega di primo grado. Peccato. Peccato, perché con il Presidente dell'Union
Romani Juan De Dios Ramirez Heredia in Italia, a Napoli, avremmo potuto
organizzare una conferenza stampa di carattere nazionale e internazionale,
sollevando un caso istituzionale, con interrogazioni parlamentari e inchieste
Ue. Nonostante si fosse offerto di collaborare alla difesa di Angelica, a
proprie spese, "indossando di nuovo la toga", però, il presidente di Union
Romani non ha mai ricevuto il dossier relativo al caso della romnì, nonostante
l'avesse richiesto con insistenza. Ci sorprende anche il fatto che nessuno dei
politici di Napoli (li abbiamo contattati tutti) abbia voluto approfondire la
posizione di Angelica, incontrandola in carcere o documentandosi sul suo caso,
né abbia preso una posizione sulla stampa. Qualcuno si è limitato ad esprimere
una generica e sterile solidarietà. Inoltre, vi è da rimarcare che la stampa
locale e nazionale ha censurato regolarmente i comunicati stampa congiunti
diramati da EveryOne / UnionRomai / Coordinamento Antirazzista Sa Phrala.
Solo qualche sito internet li ha pubblicati, mentre Liberazione ha risposto
all'ultimo messaggio stampa, ma non ci risulta che poi abbia pubblicato le
nostre considerazioni. Il giudizio di appello è un nuovo clamoroso errore
giudiziario, ma è anche frutto di un clima ostile alla verità che poneva sotto
pressione chi era delegato ad decidere.
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