Da
ChiAmaMilano
Dal 5 novembre sono entrate in vigore le nuove norme –molto restrittive– sui
ricongiungimenti familiari
"A me piace vedere le persone riunite, forse è sciocco, ma che dire, mi piace
vedere la gente che si corre incontro, mi piacciono i baci e i pianti, amo
l’impazienza, le storie che la bocca non riesce a raccontare abbastanza in
fretta, le orecchie che non sono abbastanza grandi, gli occhi che non
abbracciano tutto il cambiamento, mi piacciono gli abbracci, la ricomposizione,
la fine della mancanza di qualcuno".
Jonathan Safran Foer "Molto forte, incredibilmente vicino"
Da oggi riabbracciarsi sarà più difficile.
Da oggi quei baci e quei pianti, così efficacemente descritti da Safran Foer in
alcuni passi del suo romanzo, saranno riservati ai fortunati che dimostreranno
di godere di tutti i requisiti necessari.
E’ entrato in vigore il 5 novembre il decreto n.160 del 3 ottobre 2008 in tema
di ricongiungimenti familiari. Una legge "corredo" del famoso "pacchetto
sicurezza", che pone pesanti restrizioni per i cittadini stranieri che vivono
regolarmente nel nostro paese e che desiderano essere raggiunti da figli,
genitori, mariti o mogli.
Introdotta nel 1998 dalla legge Turco-Napolitano al fine di agevolare il
consolidamento dei nuclei familiari, la norma sul ricongiungimento si è rivelata
viceversa l’ennesimo strumento con cui l’attuale Governo cercherà di porre
argine al fenomeno migratorio.
Ecco le novità, accolte "non positivamente" dall’Alto Commissariato delle
nazioni Unite per i rifugiati, introdotte per i familiari del cittadino
straniero che vive in Italia:
- Coniuge: dev’essere maggiorenne. Formula questa, che ostacola il
ricongiungimento delle tantissime coppie che in alcuni Stati asiatici o africani
si formano in giovanissima età.
- Figli maggiorenni: devono dimostrare di essere totalmente invalidi, quindi non
autosufficienti. Nessuno spazio per valutazioni sui singoli casi; la norma fa di
tutta l’erba un fascio, esclude la possibilità di situazioni di disagio non
riconducibili all’invalidità.
- Genitori: devono avere più di 65 anni e dimostrare di non avere altri figli
capaci di provvedere al loro sostentamento.
- Test del dna: in caso di rapporti di parentela dubbi, e su segnalazione dei
funzionari di controllo, è il cittadino straniero a dover farsi carico delle
spese.
- Reddito: con la Turco-Napolitano era sufficiente dimostrare di disporre di un
reddito pari all’assegno sociale pari alla cifra che secondo lo Stato italiano
consente ad una persona di sopravvivere (5.142,67 euro l’anno). Il reddito
doveva essere pari al doppio in caso di ricongiungimento di due o tre familiari;
il triplo per quattro o più familiari Ora il dato sale: occorre certificare un
importo pari all’assegno sociale aumentato della metà dell’importo per ogni
familiare che si congiunge. Poco importa se spesso la crescita economica di una
famiglia straniera si avvia proprio dal momento del ricongiungimento, che
consente al coniuge o ai figli in età da lavoro di trovare un’occupazione in
Italia.
Difficile che le nuove regole riescano a sortire l’effetto sperato dal Governo;
si è già visto in passato come le norme eccessivamente restrittive in materia di
immigrazione si siano spesso rivelate dei boomerang per il controllo dei flussi.
Più facile che il tutto favorisca ancora una volta il fenomeno della
clandestinità.
La questione dei ricongiungimenti è già oggi materia complessa; a Milano secondo
i dati della Prefettura sarebbero ben cinquemila le pratiche in stand by ancora
in attesa di essere valutate. La Prefettura stessa in questi giorni si è
appellata al Comune e alla Provincia affinché venga avviato un lavoro di
cooperazione con il terzo settore per agevolare le procedure. Di fronte ai buoni
propositi dell’Assessore alle politiche sociali Mariolina Moioli, la Lega ha
come al solito tuonato: "le priorità sono ben altre".
Ma si sa; per alcuni fa più notizia e riscuote maggior successo presso il
proprio bacino elettorale il pugno duro contro i clandestini piuttosto che un
aiuto ai cittadini stranieri volonterosi.
Procedure burocratiche lente dunque per il ricongiungimento, lentissime per la
richiesta di cittadinanza italiana dei giovani immigrati di "lunga residenza",
quelli presenti nel nostro paese da oltre 10 anni:se dal 2006 al 2007 le
richieste sono quasi raddoppiate passando da 13.232 a 25.261, le autorizzazioni
sono aumentate solo del 7%.
L’ altro lato della medaglia parla di ben 1117 i minori stranieri non
accompagnati sbarcati tra maggio e settembre a Lampedusa. Giovani in media tra i
16 e i 17 anni, come spiega in dettaglio il rapporto dell’organizzazione "Save
the Children", provenienti da zone di guerra, povertà e persecuzione come la
Somalia, l’Eritrea, la Nigeria ma anche Egitto, Palestina, Tunisia, Ghana.
Troppi i minori, insufficienti i mediatori culturali e i consulenti legali
presenti operativi nella comunità alloggio che dovrebbero provvedere al loro
inserimento sociale.
Se veti politici e burocrazia a manovella, insomma, ostacolano il percorso di
inserimento di decine di migliaia di immigrati regolari, l’Italia continua
d’altro canto e ciononostante a rimanere una delle mete più "appetibili" e più
facilmente raggiungibili da persone irregolari.
Gestire i flussi migratori non è facile, certo. Forse però la politica italiana-
e le nuove norme sui ricongiungimenti ne sono un indizio- è ancora all’anno zero
rispetto a molti paesi europei dove il melting pot già da tempo non è visto come
una minaccia ma come un’opportunità di arricchimento.
Giulia Cusumano