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Francia
Di Fabrizio (del 15/10/2008 @ 08:51:34, in media, visitato 2445 volte)

Aspettando che esca in Italia il film di questo regista, da noi poco conosciuto, tenetelo a mente. Leggevo la recensione e lo paragonavo ai tanti film di Truffaut sull'infanzia (i Quattrocento colpi, in particolare), mentre per motivi etnici ricorda Toni Gatlif. Da Roma_Francais

Khamsa di Karim Dridi, nelle sale francesi da mercoledì [scorso] è un film senza fronzoli sull'infanzia delinquenziale di un eroe che ne traduce tutta l'emergenza. Intervista senza peli sulla lingua col cineasta franco-tunisino.

Mercoledì 8 ottobre 2008, par Falila Gbadamassi - Marco, alias Khamsa, è scappato dalla sua famiglia d'accoglienza per rendere visita a sua nonna malata. Ritrova il campo dei Gitani dove è nato, 11 anni fa a Marsiglia, e la banda dei suoi amici: il cugino Tony, nano ma fortemente protettivo, e Coyote. Se il primo ha deciso di guadagnarsi da vivere con i combattimenti dei galli, Coyote s'è specializzato nei piccoli furti che organizza con Rachitique, un piccol Arabo. Khamsa presto raggiunge il trio di piccoli delinquenti per ingannare la noia e la tristezza di un ragazzo che non ha più alcun riparo familiare. Lasciato a se stesso, Khamsa si da i mezzi per sopravvivere. In un vero campo di Gitani, Karim Dridi filma da vicino questa volontà incrollabile ma contrastata dalla precarietà. Lontani da essere vittime consenzienti, questi ragazzi che recitano quasi il loro essere personaggi, si battono con collera e frenesia contro il rullo compressore della delinquenza. Karim Dridi non edulcora mai la realtà, anche se ne sublima la proiezione filmando in campo d'azione. Il cineasta se ne fa eco. Consegna così una pellicola forte e avvincente su un aspetto, incarnato da un giovane Marc Cortes sottile ed ispirato, dell'infanzia in emergenza.

All'inizio, lei voleva fare un film sulla delinquenza. Come ha fatto questo progetto a scivolare verso la narrazione del quotidiano di Marco, questo ragazzo meticcio gitano-arabo che ritrova dopo una fuga il campo dei gitani dov'è nato?
Avevo voglia di parlare nel modo in cui la delinquenza si fabbrica, di come nasce. C'è gente nel nostro paese, non ne citerò il nome ma si riconosce, che pensa che la delinquenza è culturale, comportamentale, o genetica. Per queste persone, si nasce delinquenti all'età di 3 anni, si possono anche fare dei test per determinare se il bambino è delinquente o no. E' molto pericoloso. Questo tipo di asinerie non è lontano da altre, come quella di pensare che una razza è superiore all'altra. Questi pregiudizi sono fondamentalmente legati ad un pensiero coloniale che, malgrado tutto, oggi sopravvive ancora. Per tornare alla delinquenza, è fabbricata dal contesto socio-economico in cui vivono i bambini. Il mio film lo prova.

Perché ha fatto di Marco, soprannominato Khamsa nel film, un meticcio?
Nella mia testa è sempre stato un meticcio. Ma l'avevo pensato metà maghrebino e metà francese, come me. Non avevo affatto l'intenzione di fare un film sui gitani. E' stato il mio amico, Sofiane Mammeri, il mio giovane attore in Bye-Bye, che all'epoca aveva l'età di questi ragazzi che recitano in Khamsa, che mi ha parlato del campo dei Gitani. Poi, sono tornato a Marsiglia con l'intenzione di girare un film ed ho parlato del mio progetto a Sofiane, che mi ha detto: "ti voglio presentare dei ragazzi formidabili". Così ho incontrato Tony, il piccolo nano, e Coyote. Ero allucinato davanti alla loro energia, la loro lingua, la loro parlantina, la loro potenza visuale. Ma sono rimasto scioccato per il contesto sociale in cui vivevano. Mi dicevo che non era possibile nella seconda città più grande di Francia, in una delle più grandi città d'Europa, che ci fosse una miseria così nera subita da dei Francesi. Non sono degli esiliati, immigrati venuti dalla Romania o sans-papiers. Il film parla di cittadini francesi da almeno 400 anni. Il padre di Nicolas Sarkozy è Ungherese.

La sua ibridazione è tanto più simbolica perché i Gitani ed i "capretti", è così che i primi soprannominano gli Arabi, non si amano molto in questa parte della città?
I poveri si accapigliano spesso tra loro e gli altri aspettano che si massacrino.

Lo dice nel suo blog. Su Khamsa, la problematica di lavorare con ragazzi l'ha sfidata molto.
Mi hanno fatto osservare che in tutto il film o quasi, ci sono dei ragazzi. Dopo aver visto Los Olvidados di Luis Buñuel, Pixote: A Lei do Mais Fraco d'Hector Babenco, sono colpito dalla potenza cinematografica dei bambini. Un bambino, è l'innocenza, anche se gioca molto, non lo fa con i sentimenti e le sensazioni. Avevo voglia di lavorare con esseri molto puri, anche deboli, i più poveri di fronte alla vita. Khamsa è uscito dal ventre di sua madre da 11 anni e cerca il suo posto in una società che non lo vuole. E' drammatico, ma il dramma è il carburante dei film, dei romanzi, delle grandi opere. Ci sono due tipi di cinema. C'è chi ama quelli che divertono per dimenticare la loro condizione terrena e chi vuole scoprire un'altra realtà. Scoprire un'altra realtà, è quello che propone Khamsa. Alcuni giornalisti, non molti, mi hanno detto che il film non è ottimista. Confondono la realtà in cui vivono con la rappresentazione che guardano. La rappresentazione è una proposta, si presume descriva, testimoni una realtà il cui scopo è toccare lo spettatore. E' la funzione del cinema e dell'arte. In Francia, questa è la prima buona notizia, si possono girare dei film come Khamsa, finanziato un mese prima dell'elezione di Sarkozy. Spero che in futuro sia ancora possibile.

Marco porta molto bene questa ambivalenza - sofferenza e innocenza - sulla sua faccia adorabile. Cosa l'ha decisa a conferire questo ruolo a Marc Cortes, che non era la sua prima scelta?
Era un altro ragazzo che doveva interpretare Marco, ma commise una gran bestialità e il giudice gli ha impedito di partecipare al film. Dunque ho dovuto rivoluzionare il casting ed ho incontrato Marco. Gli piace il calcio e diverrà sicuramente un giocatore professionista, se non sceglierà di diventare attore. Ho anche scoperto che sapeva cantare il flamenco. Cantava a cappella ed ho avuto i brividi. Questo piccolo ragazzo è capace di interpretare la collera, la forza, la tenerezza, il dolore, le emozioni più varie. Si vede bene nel film. E' capace di una grande violenza come di tenerezza. E' quello di cui avevo bisogno. Marco è formidabile. Khamsa è stato la scoperta di un grande attore. L'altra buona notizia di questo film, è che si scopre che questi ragazzi che si ritiene perduti, con cui si pensa non ci sia niente da fare, sono capaci di consegnare una prestazione notevole ed notata, visto il numero d'interviste. Si assiste così all'emergere di un attore come Marco che viene dagli ambienti più svantaggiati di Francia. Se questo non è ottimismo, non so cosa sia.

Lei ha racconti su tutti questi ragazzi. Come si comportano e come reagiscono al film?
Marco si comporta bene. Ha la chance che manca al suo personaggio, cioè avere dei genitori ed una struttura familiare molto solida. Va a scuola, gioca a calcio in un club semi professionale. E' molto inquadrato. Gli altri sono sempre nel campo ed il guaio è che non c'è niente da fare.

Nella vita reale vivono di piccoli furti?
Quelli che vivono nel campo, no. Possono aver avuto esperienze simili nel passato. Ma oggi, come nel film, non hanno intenzione di farlo. Aspirano, come tutti, ad una vita normale.

Alla fine, questi giovani non recitano il loro personaggio, recitano un ruolo?
Per Marco, al 99% è un ruolo. La sola cosa che ha in comune con Khamsa, è l'essere gitano. Quello che interpreta Rachitique, Mehdi Laribi nella vita, l'ha già fatto. Anche Mehdi ha molto talento, ma vive in una città molto povera. La delinquenza è paragonabile ad un mulinello che ti aspira verso il fondo. La sola soluzione, è estrarre i ragazzi dal fiume e metterli altrove. Cosa che è molto difficile da fare.

Lei ha passato due anni a lavorare sulla delinquenza infantile per fare questo film. Cos'ha imparato?
A livello della delinquenza stessa, non ho imparato niente. Ho solo dimostrato quello che già sapevo con la mia arma, il cinema. Ma ho scoperto una minoranza, i Gitani, gli Zigani, i Rom, la Gens du voyage. Chiamateli come volete. Persone, che appartengono da diversi secoli alla nostra società francese, e che mettono in evidenza un problema che si pone a noi democratici europei. Siamo capaci di integrare queste minoranze senza disintegrarle? Voglio dire accettare l'altro con la sua cultura, accettare che queste minoranze integrino il tessuto repubblicano apportando un di più alla Francia. Quando vince la squadra francese, che è composta da Arabi, da Neri che vincono, tutta la Francia scende a festeggiare per strada. Questo dev'essere possibile anche quando si tratta di scienziati, cineasti, scrittori, sindaci. In Francia, si deve poter accettare l'altro quando vuol vivere sul suolo francese e si piega alle regole della Repubblica. "Tutti aspirano alla felicità" diceva Houellebecq. Vale per i Neri, gli Arabi ed i Gitani.

Perché le interessa tanto il problema dell'immigrazione?
Molto semplicemente perché sono meticcio franco-tunisino. Dopo Bye Bye, ho battuto sullo stesso discorso. Credo in una Francia meticcia e meticciata, che integra tutte le minoranze per fare un cemento repubblicano, democratico francese. E' l'opposto di una corrente di pensiero, non tanto vecchia, che stima la razza bianca superiore alla razza nera, per esempio. E' intollerabile. Ho in progetto di fare un film con dei protagonisti di origine africana, perché c'è un problema vero in Francia. Dove sono i Neri in Francia? Son passati 15 anni da quando ho girato Bye Bye e c'era lo stesso problema per i Magrebini. Oggi ci sono Sami Bouajila, Roschdy Zem... (attori franco-magrebini, per chi non vuole cercare su Google ndr). Lavorano e si ha l'impressione che il problema per i Magrebini sia a posto. Può essere. Per quanto riguarda i Neri, è molto difficile citare un film francese con attori neri. Questo vuol dire che non hanno il diritto di raccontare le loro storie? Molto semplicemente, il pensiero coloniale non esiste più nella vecchia maniera, ma esiste ancora.

Quali sono i progetti che abbondano nel suo spirito, che sembra in costante ebollizione?
Lavoro ad un progetto relativo all'esposizione coloniale del 1930, dove sono stati rinchiusi dei Kanachi. Amerei anche girare in Etiopia perché la musica etiopica mi tocca parecchio, ed è un paese dove l'Islam e la cristianità coesistono pacificamente. Non si sa per quanto tempo durerà ancora. Ugualmente lavoro a Le Dernier vol di Lancaster con Marion Cottillard e Guillaume Canet. L'azione del film si svilupperà nel Sahara del 1930.

L'immigrazione, i rapporti intercomunitari, conviene se diciamo che lei fa un cinema sociale?
No, perché è riduttivo. Ho fatto anche un blog con altri cineasti su questo tema. Bisogna fare attenzione con il termine "sociale". Quando Catherine Deneuve gira un film in 400 m2 sulla XVIe, non si dice che fa cinema sociale. Tuttavia, lo è. Film sociale significa film sui poveri? Preferisco che si dica che faccio film sui deboli, gli esclusi, i marginali. E' vero, sono soggetti che mi attirano. Lascio ad altri il compito di fare dei film sulla pena di essere ricchi: a ciascuno il suo sociale. L'ingiustizia è un motore artistico e drammatico molto forte per me.

I delinquenti, i borseggiatori, c'erano già in Pigalle. I suoi personaggi sono sempre su un filo.
Ho scritto una pellicola sui borseggiatori con Simon Abkarian, che incarna il padre di Marco in Khamsa. In Khamsa, va tutto liscio finché non gira male. Avrei voluto essere un funambolo o un musicista. Essere al limite di resistere o di cadere tra le spine, dalla bellezza alla vita. Nel contempo, va a finire male per tutti. La morte ci attende. La vita è una tragedia.

Qualche parola su di lei. Come cineasta lei è così precoce come i suoi personaggi?
Ho cominciato a filmare che avevo 12 anni, l'età di Marco. Avevo voglia di fare delle foto e mia madre m'ha offerto un apparecchio fotografico. Ho trovato che non si muovevano. Quindi mia madre a 12 anni m'ha regalato una cinepresa, da allora non ho smesso di fare film.

Khamsa de Karim Dridi
Avec Marc Cortes, Raymond Adam, Tony Fourmann, Mehdi Laribi
Durée : 1h 48min.

Le site du film

  alcune scene, con sottotitoli in inglese