Cesare Levak, Rom Kalderask, al Presidente della Repubblica
Di Fabrizio (del 08/07/2008 @ 14:25:25, in Italia, visitato 2443 volte)
Ricevo da
Maria Grazia Dicati
Lettera Aperta
Signor Presidente della Repubblica
Giorgio NAPOLITANO
Palazzo Quirinale
00187 Roma
Eccellentissimo Signor Presidente,
Mia figlia Mirka è nata in Italia tre anni fa. Tra qualche settimana, come a
tutti gli altri bambini e bambine rom e sinti le verranno prese le impronte
digitali. Lo farà lo Stato italiano, in maniera preventiva perché, secondo
questa disposizione, lei per ragioni biologiche è una futura potenziale
delinquente. Ha soltanto tre anni, e scelgo di astenermi del sottolineare il
dato relativo alla nostra nazionalità, dato del tutto irrilevante, visto che
si tratta di una schedatura “etnica” che evoca le pagine più triste del
novecento europeo.
Chi di noi riesce a trovare un'occupazione, lo fa al prezzo di dover nascondere
la propria identità, la propria storia. Mantenere un posto di lavoro o trovare
un appartamento in affitto ci impone la rinuncia a ciò che intrinsecamente
siamo, al costo di mortificare all'infinito la nostra dignità. Ci umilia e ci fa
vergognare davanti ai nostri figli e alle nostre figlie.
Gli strumenti normativi sono dei punti arrivo che creano effetti materiali a
volte devastanti. La responsabilità della politica sta nel non risparmiare
sforzi nel dare risposte a ciò che il cosiddetto “popolo” invoca a gran voce: la
sicurezza. Ma parliamo di un popolo vittimizzato più dai discorsi e della
costruzione e uso politico della paura. Identificare un intero gruppo come la
minaccia al quieto vivere degli “indifesi cittadini”, può dare consenso
politico; ma allo stesso tempo ci fa tornare indietro nella storia, disumanizza
i popoli stigmatizzati fino a legittimare qualsiasi forma e strumento di
umiliazione, aggressione e violenza.
L'amplificazione mediatica dei nostri difetti o supposti tali, dei cattivi
comportamenti di alcuni di noi, sono il pretesto per la demonizzazione, figlia
dei peggiori istinti dei cittadini e le cittadine che così si sentono sotto
assedio. Il fatto che un telegiornale scelga di utilizzare i primi tre servizi
di un'edizione pomeridiana per illustrare le nostre malefatte, rappresenta
soltanto un esempio.
Il pogrom di Ponticelli, le aggressioni quotidiane da parte di cittadini aizzati
politicamente contro di noi, potrebbero non essere che il preludio di qualcosa
di molto peggiore. Tuttavia, sono il razzismo istituzionale, le schedature
“etniche”, gli sgomberi generalizzati, le sistematiche discriminazioni della
nostra gente, il vero obbrobrio che ci calpesta ogni giorno e che giustifica le
più incontrollabili reazioni da parte principalmente degli esclusi, dei
penultimi della società, portati a vedere in noi la causa delle mancate risposte
dello Stato ai loro bisogni.
Signor Presidente, cosa dovrei dire alla mia piccola? che sarà schedata perché è
della “etnia” sbagliata? Diremo ai nostri figli che continuiamo a essere puniti
perché viviamo con i topi? Perché siamo ai margini dei diritti?
Sono un pastore evangelico, che vede in ogni persona, come ci insegna La Bibbia,
l'immagine di Dio. Forse che qualcuno ha meno l'immagine del Signore di qualcun
altro?
Contiamo con il Suo autorevole intervento per fermare questa barbarie che è
causa tanta sofferenza, calpesta i principi costituzionali di uguaglianza e
soprattutto, costituisce una vera ferita alla civiltà e al diritto.
La saluto con gran cordialità e fratellanza,
pastore Cesare Levak
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