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Reggio Emilia
Di Fabrizio (del 14/02/2007 @ 10:16:15, in casa, visitato 1735 volte)

Viaggio tra le roulotte e le case-mobili abitate da più di trecento zingari

I nomadi di via Gramsci: «Siamo con Delrio»
Michela Scacchioli - L'Espresso - Gazzetta di Reggio
«Questo campo è invivibile, siamo in troppi, sì alle micro-aree nei quartieri»

«Il sindaco vuole smantellare il nostro campo nomadi, toglierci da via Gramsci e ricollocarci un po’ qua un po’ là nei vari quartieri della città? Ben venga, siamo con lui: qui sembra Auschwitz, manca solo il forno crematorio».
Trecento sinti - poco meno della metà sono bambini - risultano raggruppati in trenta-quaranta famiglie. Tante, troppe per i 3mila metri quadrati a forma di lungo rettangolo che le ospita dal 1987, quando però le famiglie erano una decina e su quell’area ci stavano larghe: con gli anni sono nati i figli, e a seguire sono arrivati i figli dei figli. Tutti sono rimasti lì. Un mix di roulotte mezzo fatiscenti e di «case mobili» rigorosamente bianche sono collegate a rete idrica ed elettrica: «Acqua e luce - dicono - sono le uniche cose di cui non ci possiamo lamentare. Qui siamo stipati come topi. Anzi: anche i topi scappano da qui». E’ domenica mattina nel campo nomadi di via Gramsci numero 132 («Questo indirizzo è un marchio - lamenteranno poco dopo i suoi abitanti - che ti condanna di fronte a tutta la città. Quando scoprono che viviamo qui, e che quindi siamo zingari, i reggiani ci tolgono lavoro e saluto. Ma anche noi siamo reggiani, i nostri genitori sono nati in questa provincia, e noi siamo qui da sempre. Abbiamo fatto il militare e votiamo alle elezioni»).
Il sole e il cielo azzurro mitigano - per quanto è possibile - le brutture di quello che, a tutti gli effetti, è un ghetto, asfaltato ma deturpato ovunque da buche grandi come crateri. I cattivi odori sono quelli che esalano dall’unica vera casa in cemento che svetta su tre piani al centro del campo: è inagibile anche se i più giovani ci salgono di nascosto. Al piano terra c’è il wc: «I nostri bambini giocano qui», raccontano due capi-famiglia, Nello Esposti, 54 anni, e Giuseppe De Barra, 56, mentre mostrano lo scenario desolante e grigio di una toilette - una per tutti - che reca sui muri le testimonianze scritte di quattro generazioni: nomi e date, date e nomi intrecciati a colori gli uni sulle altre. «Siamo in troppi, non riusciamo a tenere pulito», risponde De Barra quando gli si fa notare che, forse, se vivono così la colpa è anche un po’ la loro. «Se ognuno di noi potesse essere responsabile di un pezzetto di terra proprio, allora sarebbe diverso». Ma il fermento in via Gramsci comincia a farsi sentire attorno a mezzogiorno: Delrio vuol chiudere il campo e istituire i patti di legalità coi sinti. Gli uomini, tutti parenti tra loro, si radunano al centro del campo e discutono.
«Siamo favorevoli alle micro-aree - spiegano mentre le donne stanno in disparte - a patto che i nuovi luoghi individuati dall’amministrazione siano quelli in maniera definitiva. Non siamo pacchi». E poi: «Dividerci nei vari quartieri a noi va benissimo. Sapremo farci apprezzare da chi vive già nella zona di insediamento. Se poi ci dessero anche una piccola casa con un bagno decente, sarebbe ancora meglio». Nessun timore, dunque, di perdere il connotato tipico di chi è nomade: «Una volta andavamo in giro per fiere - sottolineano -. Oggi non ci spostiamo più come un tempo. Di fatto siamo già stanziali. Ci interessa non perdere la cultura che sta alla base della nostra razza e del nostro essere sinti: ad esempio il rispetto per la famiglia. Noi non porteremo mai i nostri anziani in una casa di riposo».
Dal coro, però, c’è una voce più giovane che si leva: «Non parliamo solo di casa, qua il problema è il lavoro. Io non voglio andare a rubare per mangiare, ma qualcuno dovrà pur aiutarci a non essere discriminati quando cerchiamo un impiego». Da qui l’appello al governo locale: «Abbiamo imparato a considerare il carcere come un ufficio di collocamento. Un detenuto in libertà è agevolato nella ricerca di un lavoro. Noi no».

(12 febbraio 2007)