ROM: CONTRO IL PATTO DI LEGALITÀ PER LA CITTADINANZA COMPIUTA Per adesioni: nopattodilegalita@fastwebnet.it
"Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana". (Costituzione italiana art. 3)
"Davanti alla legge tutti sono uguali ma qualcuno è più uguale degli altri" (George Orwell, La fattoria degli animali).
A Milano si è celebrato il ricordo dello sterminio dei campi di concentramento nazisti. Raramente si ricorda che in quei lager vennero uccisi anche più di mezzo milione di zingari, giudicati dal nazismo criminali e asociali per definizione.
A Milano e Opera ai rom e ai sinti, che a tutt’oggi continuano troppo spesso a essere considerati delinquenti per vocazione, è stato imposto uno speciale “patto di legalità” per poter avere diritto a un ricovero in un container o in una tenda.
C’è una legge per tutti, ma per questi uomini, per queste donne c’è una legge in più, un trattamento differenziale, sintetizzato con queste parole: «Dovete comportarvi bene perché il primo che picchia, che ruba, che sporca, insomma, il primo che sgarra al regolamento, viene sbattuto fuori».
Un patto che rende questi cittadini, europei a tutti gli effetti, diversi dagli altri: ancora una volta ufficialmente proclamati portatori di "asocialità" e "criminalità", chiusi in ghetti, nei quali loro stessi per poter entrare devono esibire un “pass”.
E’ preoccupante che questa nostra città diventi una città di ghetti.
La recinzione fisica invocata dai cittadini “benpensanti” e applicata dalle istituzioni è indegna quanto i muri che ci sono già nel linguaggio, nei gesti, nei pre-giudizi: quasi archetipi culturali verso i Rom, barriere insormontabili e lugubri quanto se non di più di una recinzione.
E’ preoccupante che i Rom siano costretti a firmare questo patto come il male minore.
Come cittadini di serie B che non hanno un’alternativa. Rassegnati a subire il rapporto del più forte viene loro sottratta la capacità di autogoverno, si rendono soggetti passivi di interventi assistenzialistici e di ordine pubblico.
E’ preoccupante soprattutto che questo patto, frutto di un accordo istituzionale tra Provincia e Comune di Milano, non abbia sollevato molte obiezioni nella politica e nella società milanese più sensibile.
Eppure questo patto è un mostro giuridico perché viola tutti i principi di eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, non affronta i nodi strutturali dell’emergenza abitativa, impone una politica “emergenziale” che produce solo nuovi ghetti sociali e infine, se le istituzioni usano la discriminazione e l’umiliazione, puntando il dito contro quelli che non sono criminali ma comunque considerati di fatto potenziali delinquenti, si istiga all’odio razziale e si legittima conseguentemente coloro che bruciano le tende, buttano molotov tra le roulotte. Fatto − questo sì evidentemente illegale − che, peraltro, non ha provocato la riprovazione politica e la censura pubblica che avrebbe meritato.
Con questo appello rifiutiamo un patto che attribuisce ai rom una “cittadinanza imperfetta” e ci impegniamo perché il rapporto tra la nostra società e quella rom venga portato nell’ambito di una dialettica sociale che riconosca e rispetti i valori culturali e umani di ciascuno.
I “campi nomadi” per il solo fatto di esistere producono malattia, disoccupazione, devianza, induzione alla criminalità, conflitti sociali: effetti tipici del disagio sociale diffuso. Nati negli anni settanta del secolo scorso, da contenitori di umanità per l’emergenza si sono trasformati in campi di concentramento istituzionali, nuovi “Zigeunerlager” dove non c’è bisogno di “soluzione finale” perché i Rom e Sinti vi muoiono lentamente di diritti negati, di esclusione continua dal lavoro, dalla casa, dalle cure sanitarie, dall’istruzione, di induzione alla devianza ed alla criminalità. Va quindi assunta la prospettiva di smantellarli sostituendoli con soluzioni abitative idonee alla cultura rom.
In più: ciò che oggi si vuole applicare a Rom e sinti rischia di diventare un pericoloso precedente applicabile un domani a chiunque venga predefinito pericoloso per il potere costituito.
Lo smantellamento dei "campi" è la conquista di libertà e giustizia nell’eguaglianza dei diritti e dei doveri per una cittadinanza compiuta almeno a livello europeo se non mondiale.
Primi firmatari (aggiornato 10 febbraio): AceA onlus, Maria Grazia Amorose Molteni, Associazione culturale Punto rosso, Associazione liberi, Associazione Unaltralombardia, Associazione Todo Cambia, Associazione Afroitaliani/e, Angela Teichner Accardi, Arianna Ballotta, Piergiulio Branca, Gabriella Benedetti, Edda Boletti, Paolo Cagna Ninchi, Francesco “baro” Barilli, Flora Capelluti,Umberto Ceriani, Fabrizio Casavola, Grazia Casagrande, Alex Corlazzoli, Comitato per le libertà e i diritti sociali, Sergio Cusani, Sandra Cangemi, Claudia De Cesaris, Bianca Dacomo Annoni, José Luiz Del Roio, Nunzio Ferrante, Enrico Fletzer, Antonella Fachin, Dario Fo, Grazia Paola Fortis, Mario Gaeta, Nazzareno Guarnirei, Massimo Gentili, Patrizio Gonnella, Adriana Leonardo, Marina Mariani, Elisabetta Masciadri, Maria Grazia Meriggi, Luciano Muhlbauer, Luisa Motta, Adriano Martellosio, Elena Murdaca, Alessandra Maiocchi, Mario Napoleoni, Giuseppe Natale, Naga, Giorgio Nobili, Opera Nomadi, Officina società cooperativa, Michele Papagna, Dijana Pavlovic, Patrizio Ponti, Roberto Prina, Alessandro Rizzo, Basilio Rizzo, SdL Intercategoriale, Biagio Santoro, Sergio Segio, Sabina Siniscalchi, Anita Sonego, Gabriella Sacchetti, Roberto Traverso, Angelo Valdameri, Roberto Veneziani,