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Milano, 19 gennaio. Maurizio Pagani, vice-presidente della sezione Opera Nomadi, interviene sul patto di “legalità e socialità”, presidiato dalle forze dell’ordine ed imposto dal comune di Milano nella ristrutturazione del “campo nomadi” di via Triboniano: in questo clima di trattamento “differenziale” sta passando l’idea che la questione Rom vada affrontata dal punto di vista dell’ordine pubblico.
IL “PATTO DI LEGALITÀ” È UNA DERIVA MORALE
Intervista a Maurizio Pagani, vice-presidente di Opera Nomadi Milano
TRIBONIANO: CRISI POLITICA
Il “campo” del Triboniano, attivo dal 2000, ha creato una crisi politica per l’impossibilità di gestire quell’insediamento, ma è solo la punta emergente della “questione Rom” che come un iceberg resta per la maggior parte nascosta. Al Triboniano prendono visibilità le “politiche pubbliche” verso alcuni Rom. Il resto dei Rom Romeni ha trovato domicilio in piccoli insediamenti urbani abusivi che spesso vengono sgomberati creando una catena di emergenze che vengono sottaciute ed ignorate.
Il Triboniano segnala una aggravante, un punto di svolta nel trattamento “differenziale” a cui sono sottoposti i Rom. Da almeno tre anni all’interno del “campo comunale” i servizi essenziali manca-vano o erano ridotti al minimo. L’ultimo incendio, del 31 dicembre, che ha distrutto cinquanta abitazioni (fra baracche e roulotte) è la fotocopia di quello avvenuto nove mesi prima, l'8 marzso 2006.
Dopo nove mesi, nonostante una perorazione alla Protezione Civile Nazionale, mancavano ancora i sistemi minimi di sicurezza, di prevenzione degli incendi ed interventi necessari di Protezione Civile. E così si è ripetuto un incendio di 50 abitazioni, per fortuna senza vittime umane.
IN QUESTO CLIMA DI TRATTAMENTO DIFFERENZIALE
In questo clima di trattamento “differenziale” stanno passando due temi essenziali: il controllo di ordine pubblico dei “campi” e che la “questione Rom” va affrontata dal punto di vista della legalità.
1-Una forte idea di controllo dei “campi” a partire dalla ristrut-turazione ed allargamento del Tirboniano che verrà diviso per quattro con incremento di residenti e si va a parlare di 700 persone. Quattro “campi” come forma inedita di gestione degli insediamenti che prevede una sistematica presenza delle forze dell’ordine ed operatori sociali della Casa della carità. Questo progetto di trattare i “campi nomadi” dal punto di vista dell’ordine pubblico, nasce da una intesa politica dell’estate scorsa fra Prefettura, Provincia, Comune e Casa della carità (terzo settore). Un tavolo interistituzionale per Rom nato alla fine della campagna elettorale e che ha preparato il terreno della ristrutturazione del Triboniano con una idea forte di controllo del territorio ed imposizione della legalità.
2- La “questione Rom” considerata sotto l’aspetto di ordine pubblico. Questa idea era in qualche modo fatta propria anche dalla lista Ferrante, di centro-sinistra, nella campagna elettorale per le elezioni amministrative dello scorso giugno. Mi sono presentato come candidato con la lista Fo, che appoggiava il centro-sinistra ma in modo più sociale, proprio per sottrarre la “questione Rom al tema della legalità e di ordine pubblico ed affrontarla, invece, dal punto di vista della cittadinanza attiva.
IL PATTO DI LEGALITA’ E SOCIALITA’
C’è sicuramente una grande confusione e sottovalutazione di quello che significa questo “patto”, che nasconde una grande debolezza politica invece di rendere visibile quello che si può fare con pro-grammi precisi di politiche sociali.
Il patto di “legalità e socialità” è un piccolo obbrobrio giuridico che da un lato ripropone in modo ridondante degli obblighi di integrazione come l’obbligo scolastico, ma lungi dall’essere un regolamento di funzionamento interno, di gestione del “campo”, definisce - dall’altro lato, un modo di trattare una parte dei cittadini. Ma la parte più stonata e che ferisce di più, in questo “patto” di arroganza politico- culturale, è quella di don Colmegna, della Casa della carità, che si è fatto carico di stendere un decalogo da proporre alle istituzioni riu-scendo a convincerle. Un “patto” che va a creare una forma di presi-dio e di controllo della legalità in situazioni di estrema marginalità, di disagio ed anche di miseria personale creati dalle stesse istituzioni, invece di concretizzare un impegno attivo dei Rom anche attraverso la creazione di servizi che migliorino l’abitabilità e la con-vivenza.
Questo “patto” pone due grossi interrogativi:
1- rischia di introdurre una lettura “differenziale” sul piano giuridico;
2- impone la questione da parte delle istituzioni senza nessuna alternativa, senza cercare un piano di confronto paritario fra i Rom ed il resto della società civile che bilancino questo rapporto.
Il “patto” pone sullo stesso piano gli interventi di solidarietà e legalità. Ma la legalità si conquista e fa parte dell’integrazione. Qui c’è solo enfatizzazione istituzionale ed una forma di neo-arroganza culturale che proviene da un ambito esterno alle Comunità. Non si utilizzano mediatori culturali Rom, non si parla di investire nei soggetti rappresentativi di questa Comunità, non si parte dalla attribuzione di dignità ed identità culturale, non c’è nessun percorso con-diviso.
GHETTI, NO CAMPI NOMADI
Ma invece di percorsi con-divisi c’è assistenzialismo di 30 anni fa, con presenza autoritaria delle istituzioni che presidiano delle “invenzioni” amministrative che sono dei veri e propri ed enormi ghetti urbani e come tutti i ghetti sono presidiati all’esterno dalla polizia e dall’esercito perché per il fatto solo di esistere producono una esplosione di violenza e di disagio. In questo caso parlerei di veri e propri ghetti invece che di “campi nomadi”. I vecchi campi nomadi del territorio sono diventati nel tempo dei piccoli villaggi che hanno tentato di amalgamarsi con dignità nel tessuto urbano. Ed invece i nuovi ghetti sono delle discariche umane che non hanno nulla a che vedere con quelli di prima. Nella città di Milano l’emergenza Rom riguarda i Rom Romeni, 2000 persone circa su un totale di 4000. Sembra che la povertà metropolitana, i piccoli slum, le bidonville che si sono create attorno alla città siano un fatto strutturale, quasi una forma voluta di nuova architettura urbana.
SUPERARE I CAMPI NOMADI
Premesso ciò, per superare i campi nomadi c’è bisogno di una politica seria, innovativa, che dovrebbe partire dal Piano Regolatore Urbanistico, ed inserire 300-400 nuovi alloggi per queste comunità. A partire dalla “delocazione” che vuol dire favorire la vicinanza abitativa di gruppi familiari parentali. Questa sarebbe una politica reale per quella parte di Rom che proviene già dalle abitazioni, quelli immigrati.
Viceversa in Provincia, la distribuzione nel territorio a macchia di leopardo di piccoli gruppi familiari, va affrontata con un ventaglio di proposte a partire dalla ristrutturazione di case dello Stato (cantoniere, Anas, scuole…), per arrivare alla Legge Urbanistica 2001 che prevede l’istituto della deroga per prassi di abusivismo edilizio, di autocostruzioni, di autoproduzioni abitative delle tante comunità. A partire dalla legalizzazione con apposite deroghe, si potrebbero anche finanziare con mutui agevolati (come si fa nel settore im-migrazione) queste ristrutturazioni.
Invece di partire da situazioni concordate e con-divise la questione campi viene continuamente imposta con la costruzione di piccoli cam-pi nomadi, o dei cosiddetti villaggi della solidarietà, ma sempre fortemente presidiati: campi nomadi di concentramento.
Quindi, in pratica, occorre partire da un rovesciamento delle pro-spettive istituzionali per affrontare il problema abitativo metropo-litano a partire dall’inserimento nelle case e negli appartamenti: molti Rom si sono perfettamente adattati in questi contesti abitativi. Gli stessi soldi spesi per “inventare” nuovi campi si possono investire per una ridistribuzione abitativa concordata coi residenti.
IL PATTO COME DERIVA MORALE
Il patto di legalità è una deriva culturale un appiattimento che sviluppa dibattito fra una “destra” che istiga alla violenza ed una destra che governa l’assistenzialismo ma con una sinistra di opposizione totalmente allo sbaraglio e tacita: per opportunismo – perché non procura voti difendere la causa Rom, o per assoluta mancanza di idee, e questo non ci porta da nessuna parte.
Come Opera Nomadi stiamo contattando e cercando di mobilitare degli altri “saggi” che, a differenza di quelli della Moratti (sindaco di Milano), si interroghino liberamente sul vero significato culturale e politico di questa operazione per riportarla su altri binari, al centro di un rapporto sociale basato sulla con-divisione ed il rispetto del-l’identità.
IL NOSTRO AUSPICIO
Il “patto” è un problema serio che necessità di una risposta della società civile matura. A nessuno fa piacere uscire allo scoperto su questo tema scottante ed impopolare. La strada che stiamo per-correndo è quella di coinvolgere persone di cultura e di valore politico a prendere posizione per un vero sviluppo culturale della città. Per una Milano dei diritti di cittadinanza. Il nostro auspicio è che siano, che siamo, in tanti a rispondere a questo appello.
Maurizio Pagani
Opera Nomadi Milano
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