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Argentina: di
Elena Aschedamini
Prologo
Sono passati ben
26 anni dallultima volta che avevo rivisto l'Argentina dopo la mia partenza.
Lemozione allaeroporto di Buenos Aires scendendo dallaereo non si può
descrivere... Tra i tanti pensieri, qualera il più forte, cosa mi aspettavo da quel
viaggio?
Dopo gli anni passati in Italia, cercavo i miei parenti.
Per capire cosa cercavo, dovete fare un passo indietro nel tempo, e tornare
allArgentina di quando ero partita. Di lì a poco ci fu il golpe e lArgentina
si trasformò in un inferno, una paura diffusa: repressioni, torture, gente che spariva e
veniva ritrovata a centinaia di chilometri morta alla foce di un fiume...
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Iguazù
Posada
Resistencia
Buenos Aires
Peninsula Valdes
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Avevo paura a
mantenere corrispondenza dallItalia, di compromettere la vita di qualcuno. Così
scrivevo pochi biglietti, a parenti ogni volta sempre più anziani. e poi mano mano la
corrispondenza si interruppe.
Tornata a ottobre 2000, le mie zie di allora, probabilmente non cerano più. Mi
ricordavo una casa in aperta campagna, poco fuori Escobar, vicino a Buenos Aires, lì
vivevano i miei zii e una cugina. La città era simile a come me la ricordavo, ma la
campagna era cambiata. Ci misi parecchio a ritrovare quella casa. Quando finalmente la
ritrovai, era abitata da unaltra persona. Mi disse che i miei non abitavano più lì
da anni, ma che poteva indicarmi qualcuno che sicuramente aveva conosciuto i miei parenti.
Questa persona si ricordava di me.
Mi accompagnò in ulteriori ricerche, alla società telefonica, alla centrale di polizia.
Niente ancora. Sono tornata in Italia.
Ero in casa, sabato 4 novembre. Suonò il telefono: quando risposi dallaltra parte
dellapparecchio cera la mia cugina. La voce che la stavo cercando era corsa, e
alla fine eravamo riuscite a rintracciarci, 26 anni dopo! |
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Iguazu
Nord Argentina, dove il rio Paranà e Iguazù dividono Argentina, Brasile e Paraguay. In
piena foresta tropicale si formano queste maestose cascate a ferro di cavallo, con due
salti di 65 metri su un fronte di 3700 metri.
Mentre dal lato brasiliano si osserva tutto il panorama delle cascate, dal lato argentino
si possono godere scorci e angolazioni suggestive. Tuttattorno, limmenso
frastuono della caduta delle acque, e la nuvola della nebulizzazione in gocce minuscole.
Mi sposto di poco, e mi asciuga il caldo sole dei tropici. |
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Posada
ovvero Mission
Scendendo il corso del Paranà, la foresta comincia a diradarsi un poco, e alternarsi alle
paludi e alle grandi distese che dominano a Sud. Indigeni, europei, banditi, guerre di
confine: molta gente si è incrociata da queste parti, ma la natura è ancora padrona.
Fuori dalla città di Posada si ergono delle rovine, ma non sono templi indigeni. Sono i
resti delle missioni gesuite.
Qua i missionari
vivevano in comunità con le popolazioni indigene. Furono gli stessi indigeni a costruire
gli edifici. Assieme alla loro religione, i missionari insegnavano alle popolazioni:
agricoltura, panificazione, tessitura, falegnameria, pittura, persino la costruzione di
strumenti musicali.
Il rapporto tra missionari e indigeni non fu certo idilliaco, ma tuttattorno la
terra apparteneva ai latifondisti spagnoli. I latifondisti e i loro fattori cacciavano gli
indigeni per procurarsi schiavi da far lavorare nelle loro proprietà.
Gli spagnoli elevarono una specie di protesta
ufficiale nei confronti del papa, perché facesse chiudere le missioni, che
sottraevano manodopera ai cattolicissimi sudditi di sua maestà il re di Spagna. La chiesa
accondiscese. Rimpatriati i padri gesuiti, le missioni furono saccheggiate dagli eserciti
privati dei latifondisti e gli indigeni fatti schiavi. Anche i resti delle missioni, che
pure avrebbero potuto essere ancora adoperate, furono lasciati in abbandono. |
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I resti delle
missioni. A lato la ricostruzione
della piantina |
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Tra le rovine, ne emerge
una singolare. Le pietre sono coperte di muschio, ma le finestre hanno ancora gli infissi.
Alla fine della seconda guerra mondiale, diventò il rifugio del criminale nazista Martin
Bormann. Ogni mese, raccontano gli indigeni più anziani, una chiatta discendeva il fiume
per portargli i viveri. Erano gli aiuti offerti dal vicino di allora: il Paraguay del
dittatore Stroessner. |
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Resistencia
Seguendo ancora il corso del rio
Paranà, si arriva a Resistencia. Una città senza particolari attrattive, se non per le sue strade che si
incrociano ad angolo retto, e ogni incrocio ha una statua. Durante gli anni della
dittatura qui attorno ci fu uno scontro tra lesercito e ribelli
Montoneros. |
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I ribelli si arresero e i
superstiti sparirono dopo gli interrogatori nella locale centrale di polizia. Questo
commissariato esiste ancora e si affaccia su una piccola piazza, con qualche gioco per i
bambini. Qualche anno fa, i cittadini eressero un piccolo monumento ai Montoneros uccisi.
La notte stessa la statua fu abbattuta da ignoti e mai più ricostruita. Quando sono
passata da lì, volevo fare una foto a questo monumento che non cè, dallaltro
lato della strada, i poliziotti osservavano me e mio marito. Ho ripreso la piazza da più
lontano. |
Buenos Aires
Il mio personalissimo itinerario della città, inizia
naturalmente in Plaza de Mayo, il centro politico e culturale
dellArgentina. Qua si affacciano la residenza presidenziale (la Casa Rosada),
larcivescovado e poco lontano il Cabildo, il nostro primo
parlamento. In questa piazza, madri e nonne che chiedevano dei loro figli e mariti
scomparsi, hanno cambiato il corso della nostra storia recente, solo con la loro tenacia.
Non lontano, si arriva al quartiere San Telmo, che fu il primo nucleo
cittadino. E sempre stato un quartiere popolare, è ancora caratteristico, pulito e
con poco traffico, con i suoi negozietti (quelli che resistono) e i balconi in ferro
battuto.
San Telmo |
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Il
traffico
A Buenos Aires esiste la più larga strada urbana del mondo: La Avenida 9 de
Julio, con 8
corsie per ogni senso di marcia, il povero pedone non riuscirà ad attraversarla se non
con molta pazienza e allenamento. In città, non ci sono molte macchine private, però si
è assediati da un esercito di furgoncini e pick up, e un numero impressionante di taxi,
regolari e no. Il primo impatto con la città, appena arrivati allaeroporto, è
stato un poliziotto, che distribuiva volantini bilingue per mettere in guardia i
visitatori dal salire su taxi abusivi. |
La Plaza de Mayo |
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Il
Cabildo |
Le
comunità straniere
Ne ho un chiaro ricordo di quandero bambina. Italiani, tedeschi, spagnoli, russi,
americani... Vicino al Parlamento, arabi ed ebrei vendevano tessuti e tappeti, ricordo le
birrerie e le macellerie tedesche. San Telmo, è sempre stato il quartiere del
proletariato, oggi sostituito da immigrati di altri stati del Sud America. La
Boca, tra il
1890 e il 1930 è stato il centro di arrivo per gli italiani, soprattutto liguri.
In questo murale, realizzato da artisti italiani, uno sguardo dassieme di quando il
quartiere aveva ancora un porto. |
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Ancora oltre
comincia Boca, il vecchio porto fluviale sul fiume Riachuelo.
Oggi il porto è in abbandono, e la vitalità di un tempo ha lasciato il posto a quella
dei disoccupati che si arrangiano e degli artisti che vendono i loro quadri. Anche lo
stadio del Boca Junior, per anni monumento della passione sportiva, vive del ricordo di
Diego Armando Maradona, che iniziò qui la sua carriera. Resistono le vecchie case e i
magazzini, in legno, pietra, mattoni, colorati a color pastello, mentre nel fiume le
barche giacciono in secca. |
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Quinquela Martin
E il pittore del quartiere di Boca e del lavoro, che ha rappresentato in ogni
aspetto. Orfano, adottato da una coppia italiana ha poi "argentinizzato" il suo
nome da Chinchella a Quinquela. Ha finanziato fondazioni e scuole nella sua città. I suoi
quadri sono esposti nei musei di tutto il mondo. Nelle librerie di Buenos Aires, si
trovano volumi su Picasso, Tintoretto, Chagall, Manet, ma niente su Quinquela
Martin. Il
perché, non lho ancora capito.
Quinquela Martin sul Web |
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La disoccupazione
E quello che più mi ha impressionato, dopo 26 anni di assenza. Non siamo ai livelli
impressionanti del Nord dellArgentina, ma qua te ne accorgi subito, anche dai tanti
negozi con la saracinesca abbassata e trasformati in discariche di rifiuti.
"MI BUENOS AIRES
QUERIDO..."
Canta uno dei nostri tanghi più famosi. C'è rimasto
qualcuno che vuole veramente bene a Buenos Aires e all'Argentina? Confido nei giovani. |
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Peninsula
Valdes
Siamo ancora molto lontani dalla Terra del Fuoco e
dallestremo Sud, la latitudine (emisfero australe) è grosso modo quello del bacino
del Po. Ma la costa è battuta dalle correnti fredde oceaniche, e il vento è tanto forte
che non crescono alberi. Una striscia di spiaggia sabbiosa, poi una muraglia di rocce alta
cento metri e unaltopiano stepposo e desolato. E uno degli ultimi paradisi
terrestri... Scesi dallaereo, si percorrono piste dritte e sterrate a bordo di
gipponi. Alcune guide hanno tratti indios e locchio esperto: ogni tanto si fermano e
ci segnalano, nascosti tra i cespugli, i guanachi che brucano. Poi, sulla
spiaggia, vediamo da lontano i leoni e gli elefanti marini distesi in
enormi branchi a prendere il sole...la loro mole, il loro carattere e anche lo strapiombo
da percorrere sconsigliano di avvicinarsi.
Se il mare lo permette (non il giorno in cui siamo andati noi) da Puerto Piramide
partono le barche a motore per losservazione delle balene.
Si prosegue un centinaio di km. a Sud, alla foce del Chubut, e arriviamo
a Punta Tombo al rifugio dei pinguini di Magellano.
Piccoli, nascosti in ogni anfratto delle rocce, la guida ci raccomanda di mantenerci a
distanza per non disturbarli, e invece ci troviamo quasi circondati da loro. |
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